venerdì 21 ottobre 2005

PER DIFENDERE I PRIVILEGI DI CASTA
I SINDACATI SCENDONO IN SCIOPERO contro la finanziaria che vuole liberalizzare Caf e patronati

20 Ottobre 2005

Cgil, Cisl, Uil, che insieme alle altre organizzazioni sindacali hanno ottenuto nel 1998 dal governo Prodi la gestione in esclusiva delle denunzie dei redditi peri lavoratori, si dividono una torta di 640 milioni di euro l’anno. E l’Unione europea adesso dice “no”.

Pensavamo che i lavoratori in Italia scioperassero soltanto per difendere i loro interessi? Lo sciopero che Cgil, Cisl e Uil hanno proclamato per il 25 novembre (quattro ore per tutte le categorie) non difende per nulla gli interessi dei lavoratori, ma unicamente quelli dei sindacati. Stipendiati e salariati pubblici e privati sacrificheranno il compenso di mezza giornata per tentare di non far perdere ai sindacati un bel gruzzolo di milioni di euro (molti miliardi delle vecchie lire) che percepiscono ogni anno dallo Stato e da Enti previdenziali.

Ammontano a 640 milioni di euro (1.240 miliardi delle vecchie lire) le somme incassate ogni anno dai sindacati con la gestione dei centri di assistenza e patronati che è stata loro affidata in esclusiva da una legge del governo Prodi nel 1998. Caf e patronati, come raramente i giornali ricordano (e alcuni non hanno mai scritto), costituiscono per loro i due più importanti serbatoi di approvvigionamento finanziario, dopo quello delle tessere sottoscritte dai lavoratori. Ai centri di assistenza che si occupano della compilazione delle dichiarazioni dei redditi dei lavoratori il ministero delle Finanze paga 15,12 euro per il modello 730 singolo e 29,74 per la dichiarazione congiunta, per un totale di 330 milioni di euro l'anno; mentre ai patronati, che assistono i lavoratori nei rapporti con enti previdenziali, l’Inps, l’Inpdap e l’Inail assicurano lo 0,226 per cento dei contributi obbligatori incassati, per un totale di 310 milioni di euro. E dunque, complessivamente, sono 640 milioni di euro l’anno, che vengono così ripartiti: il 25 per cento alla Cgil di Epifani, il 19 alla Cisl di Pezzotta, il 7 alla Uil di Angeletti ed il resto alle altre sigle sindacali.
E adesso, cosa accade? Accade che l’Unione europea (sulla base della “direttiva Bolkestein” che mira a liberalizzare servizi e professioni) non tollera monopoli del genere ed il governo italiano, adeguandosi alle disposizioni di Bruxelles, progetta di eliminare il generosissimo regalo del “business” della assistenza ai lavoratori fatto da Prodi ai sindacati prima che andasse alla Commissione europea. Come? Liberalizzando il servizio, ammettendo cioè alla spartizione della grossa torta anche altre organizzazioni e strutture fino ad oggi tagliate fuori, pubbliche e private, ed in grado di assicurare le stesse prestazioni a parità di condizioni.

“Basta con le concessioni in esclusiva: devono essere i lavoratori a scegliere la organizzazione dalla quale farsi assistere per la denuncia dei redditi ed i rapporti con gli enti previdenziali”, dice l’Unione europea del dopo-Prodi, ed il ministro italiano per l’Economia, Tremonti, è d’accordo. Solo che i sindacati non intendono rinunciare ai loro privilegi (neppure di dividere la torta con altri) e ordinano ai lavoratori di scioperare: contro il governo Berlusconi, naturalmente, non contro l’Europa.

Sono interessi cospicui, quelli che i sindacati di casa nostra difendono. Se il governo toglie loro dalle mani questi due preziosissimi serbatoi finanziari, dove trovano i soldi, Cgil, Cisl e Uil, per pagare pullman, navi e treni, quando Prodi e compagni ordinano “folle oceaniche” a Roma, Milano o Palermo per i loro comizi anti-Berlusconi? I sindacati servono anche (se non soprattutto) per questo. Chi l’ha detto che devono occuparsi soltanto degli interessi dei lavoratori?

Se ne occupano, certamente, ma in funzione politica. Ai dipendenti statali Prodi e compagni concedevano aumenti di 19 mila lire al mese ed i sindacati non fiatavano; Berlusconi ha offerto 200 mila al mese nel 2003 ed i sindacati hanno strillato che erano inaccettabili, addirittura un insulto ai lavoratori, rifiutandosi per due anni di chiudere la vertenza. Che è stata poi chiusa nella scorsa primavera, se ben ricordo, con l’aumento dei famosissimi 101 o 105 euro al mese che i sindacati, per le pressioni degli stessi lavoratori ma soprattutto per il timore di precipitare nel grottesco, hanno dovuto accettare.

Adesso si sono mobilitati tutti, i sindacalisti d’Italia, ed hanno mobilitato i lavoratori per difendere quella preziosissima esclusiva sulla torta. Come farebbero, poverini, a tirare avanti senza quei proventi? Possono mai dire al prof. Prodi, i sindacalisti Epifani, Pezzotta e Angeletti, di pagarseli lui i pullman, le navi, i treni, per riempire le piazze di Roma, Milano o Palermo quando fa i comizi e ordina le “adunate oceaniche” contro Berlusconi?

Gaetano Saglimbeni

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