martedì 8 novembre 2005

Il fuoco che arriva da Parigi. Davide Giacalone

L’ideologismo dopo la morte dell’ideologia comunista è l’abito che insipienza e minchioneria politiche indossano per credersi presentabili in società. Così la Parigi che brucia diventa eco dei disagi, delle emarginazioni, del riscatto dei diseredati. Così da Parigi si vogliono far giungere ancora le suggestioni di quel maggio, mentre basterebbe conoscere per sapere che questo novembre racconta una storia del tutto diversa.

I fatti, perché i fatti esistono, mica solo le opinioni sballate. Il 27 ottobre muoiono due ragazzi, di quindici e diciassette anni. Era in corso un controllo della polizia e i due, cui nessuno torce un capello, per sottrarsi si nascondono dentro una cabina elettrica, morendo fulminati. C’è qualcuno così svampito da potere sostenere che la polizia non deve mai fare controlli per evitare che chi voglia fuggire si faccia del male? Il 28 cominciano i primi disordini, ed il 29 sfila un corteo con in testa i genitori dei ragazzi e della gente con indosso una maglietta dove si legge “morti per niente”. Ed è difficile dargli torto, sono morti proprio per niente. Al corteo prendono parte solo poche centinaia di persone. Il 30 un lacrimogeno finisce dentro la moschea, creando un comprensibile panico. La polizia parigina nega risolutamente di averlo mai tirato e, comunque, la Fédération National del Musulmanes de France invita alla calma ed a non alimentare gli scontri.

Intanto le notti hanno il colore del fuoco, perché bande di criminali continuano a dar fuoco alle automobili.

Danno fuoco, dicono gli alticci d’ideologia divenuta aceto, al simbolo del capitalismo e del consumismo, si rivoltano contro chi li opprime. Imbecilli, in realtà danno fuoco alle utilitarie della gente per bene, francesi ed immigrati, che vive in quelle periferie, tant’è che più di una volta sono proprio i cittadini ad indicare alla polizia chi arrestare.
Ma la tragedia politica arriva tra il 31 ottobre ed il primo novembre, quando a gente come Begag e Villepin viene in mente la bella idea di utilizzare gli scontri per azzoppare Sarkozy nella gara verso la presidenza. Sono questi genialoni ad alimentare l’idea che si tratti di uno scontro con i mussulmani di Francia, i quali ce l’avrebbero con Sarkozy, fautore della linea dura. Il fatto è che ci sono davvero dei mussulmani, in Francia, che ce l’anno con il ministro degli interni, ma sono i fondamentalisti ed i cuginetti dei terroristi, e ce l’hanno con lui perché, violando i tabù del laicismo francese, Sarkozy s’era messo a distribuire soldi per fare moschee ed avere mullha, a patto che questo avvenisse in accordo con le autorità francesi. Il che andava bene agli immigrati di fede mussulmana, ed andava assai meno bene a quelli che, in Francia come in Italia, volevano usare le moschee e le scuole islamiche per farne fucina di nemici della libertà e della convivenza. Con Sarkozy ce l’anno anche molti delinquenti di strada, a cominciare dagli spacciatori (che talora, ma non sempre, coincidono etnicamente con i sostenitori del fondamentalismo) i quali detestano l’innovazione della “police de proximité”, che da noi sarebbe il poliziotto di quartiere, perché questo tipo di presenza disturba i loro affari.

Lo scontro nel governo diventa effetto e causa degli scontri di piazza, e la piazza se ne accorge, al punto che gli stessi genitori dei ragazzi morti (morti non uccisi) vanno ad abbracciare de Villepin, mentre si rifiutano di ricevere Sarkozy, che aveva chiesto di andarli a trovare.
Questa, dunque, non è una storia di disagi e di rivolte, non è una storia di emarginazione e non è neanche un capitolo dello scontro fra civiltà, questa è una faccenda che vede contrapposte bande di criminali e polizia. E la polizia, a nome e per conto dello Stato, non ha altra scelta che vincere lo scontro e reprimere, reprimere la delinquenza.

Può, tutto questo, accadere anche da noi? Ma certo che può, basta che qualche irresponsabile si metta a dare coloritura politica a quei quattro teppisti scemi che davano fuoco ai motorini di Roma, o si metta a trovar ragioni filosofiche per “comprendere sebbene non giustificare” le bombe in Val di Susa. Basta che si speculi su quel che accade a Bologna per il solo gusto della polemicuzza politica, dove il più furbo era deficiente alla nascita, ed ecco che anche da noi ce la si può fare.
Vedete? La malapolitica non è sempre inutile, talora riesce anche ad essere pericolosa.

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