venerdì 26 maggio 2006

Il potere liquido. Dario Di Vico

Girando per Roma si finisce per avere la netta sensazione che le elezioni non si siano mai tenute. Come se il 9 aprile non ci fosse stato un vero verdetto su chi debba avere l’onere di guidare l’Italia nella seconda parte di questo decennio. Tutto è in alto mare, la politica stenta a riguadagnare le sue prerogative e mai come adesso il potere appare liquido. È vero che gli organigrammi sono stati completati, che sono stati scelti per i posti di massima responsabilità uomini dotati di robusta esperienza pubblica e di buon alfabeto politico, ma lo scettro quello no, quello sembra essere rimasto per aria e tutti coloro che pure si sono candidati a tenerlo saldamente nelle loro mani paiono ancora in attesa.
Il deficit di politica lo si rintraccia nella mancanza di una vera agenda di priorità, lo si ritrova nell’imperversare delle lobby di tutti i tipi e nella tutt’altro che modica quantità di veleni che continuano ad essere iniettati nel corpo della pubblica opinione. L’impressione è confermata dallo svolgimento dell’assemblea confindustriale di ieri. Luca di Montezemolo ha fatto tesoro dell’esperienza dei primi due anni di presidenza e ha saputo rappresentare non solo le ragioni dell’impresa, ma anche la pancia degli imprenditori. Non a caso i passaggi di gran lunga più applauditi del suo discorso sono stati quelli in cui ha detto «cose di destra ». Quando ha fatto capire al nuovo governo che non farà sconti, quando lo ha invitato a non cambiare «le cose buone fatte da altri» e quando ha denunciato a gran voce l’invasione del professionismo politico, diventato «di gran lunga la prima azienda del Paese».
Di fronte all’incalzare di Montezemolo la risposta della politica è stata debole. Romano Prodi e Pierluigi Bersani avrebbero potuto tranquillamente distribuirsi i ruoli e invece hanno adottato lo stesso canovaccio.A tratti sono apparsi didascalici, hanno dato sicuramente prova — da emiliani doc—di conoscere i problemi dell’impresa, di amare l’industria, ma il pubblico in grisaglia si attendeva altro. E così ha trattato con gelida cortesia un presidente del Consiglio appena insediato e ha invece tributato un’ovazione da stadio a Gianni Letta. Gli imprenditori aspettavano la politica, se non quella delle svolte storiche almeno quella sapiente capace di individuare obiettivi e strumenti della sua azione. Quando si lavora in scarsità di consenso, di risorse e di tempo si dovrebbe procedere adottando il criterio logico della selezione,
Prodi e Bersani hanno scelto invece quello dell’accumulo dei temi e delle indicazioni. Gli imprenditori si sarebbero aspettati dal nuovo potere un’agenda più stringente, le priorità dei 100 giorni o del primo anno, insomma un’indicazione coerente e la relativa tempistica. Così non è stato e sarebbe uno sbaglio pensare a un mero errore tattico. È il risultato del programmismo, aver concordato un programma dell’Unione troppo largo, un menu che accontenta tutti i gusti ma che tradisce l’indulgenza del cuoco. Nelle prime file della sala dell’auditorium di Roma ieri c’era tutto il potere italiano, vecchio e nuovo.
C’erano ministri e sottosegretari di Rifondazione accanto a capitani d’industria passati per mille battaglie, c’erano i manager più stimati e i vecchi governanti appena sbalzati dalla poltrona, ma la sensazione era che ciascuno cercasse non solo metaforicamente il suo posto, non sapesse bene dove sedersi, consapevole che nessuno ha veramente vinto e nessuno ha veramente perso. Forse mai come in questo momento il potere in Italia è stato così liquido.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Un analisi sicuramente rispettabile che evidenzia i problemi di un paese che nn riesce a lasciarsi alle spalle gli ultimi 3 mesi di campagna elettorale;e questo clima di insofferenza reciproca rende tutto + complicato.
Penso sia giusto lasciare il tempo al nuovo esecutivo,visti anke gli ultimi dati di bilancio,di organizzare coerentemente i primi passi dell'azione politica.
Montezemolo è stato chiaro,e sicuramente gli uomini della sx avranno recepito il messaggio;le cose da fare sono tante e tutte richiedono una concertazione fra i vari partiti x giungere a soluzioni largamente condivise.
Troverei stupido ripetere gli errori dell CDL,andando al muro vs muro su temi che richiedono le idee e la competenza di tutti.
Il "programmismo",come è stato definito,mi sembra una buona base di partenza,ma nn deve diventare un'ancora,un freno alle iniziative da prendersi.
Il paese cmq la sua strada l'ha scelta ed è stata quella di cambiare direzione,di cambiare modo di fare politica,di cambiare l'approccio ideologico verso i problemi del sistema.
Prodi ha le competenze,e le capacità, per trasformare questo potere da liquido in SOLIDO, x avviare una rinascita economica e produttiva,ma soprattutto per trasformare questo "conflitto" sociale che si è creato,in una reale possibilità di confronto fra i due schieramenti,fra le 2 società che hanno votato,per avviare l'Italia ad una stagione da protagonista soprattutto in chiave Europea
PT

Anonimo ha detto...

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