giovedì 7 giugno 2007

Pensioni, Ocse: "Riforma troppo lenta". Adnkronos

Restiamo il Paese con i contributi pensionistici più alti.
Pubblicato oggi il rapporto dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico: ''La riforma Dini del 1995 comincerà ad avere effetti dal 2017. Il lento cambiamento si tradurrà in decenni di maggiori spese''. Ma l'Italia non firma il rapporto: ''Dati fuorvianti".

Roma, 7 giu. (Adnkronos/Ign) - La serie di riforme registrate sulla passata decade hanno migliorato il sistema previdenziale anche se la transizione al nuovo sistema è ancora troppo lenta. E' quanto afferma l'Ocse nel suo rapporto sulle pensioni pubblicato oggi. L'Italia resta il Paese Ocse con i contributi pensionistici più alti (il 32,7% della retribuzione fino al 2006 contro una media Ocse del 20%).
''La riforma Dini del 1995 comincerà ad avere effetti dal 2017. Il lento cambiamento del sistema pensionistico si tradurrà in decenni di maggiori spese'' si legge nel rapporto. Questa pressione fiscale necessiterà, commenta l'istituto internazionale con sede a Parigi, ''di aggiustamenti specifici a breve termine che potrebbero causare danni maggiori che se le riforme fossero state adottate più velocemente''.
L'Italia spende per le pensioni pubbliche dalle sue entrate più degli altri Paesi Ocse. La spesa, evidenzia l'organizzazione internazionale, è aumentata a un ritmo di crescita dal 1990 più alto rispetto alla gran parte del resto dei Paesi Ocse. Nel 2003 spendeva il 13,9% del Pil per le pensioni rispetto a una media registrata sui 30 Paesi dell'Ocse del 7,7%.L'Italia non ha firmato il rapporto, esprimendo ''seri dubbi circa l'adeguatezza dei dati usati nel rapporto, e di conseguenza sulla comparabilità dei dati. Nello specifico vengono contestati i dati di base riferiti all'età di entrata nel mercato del lavoro e sulla durata della vita lavorativa che sono diversi da quelli utilizzati a livello europeo e, inoltre, differiscono dalle norme del mercato del lavoro italiano''. E' quanto si legge in una nota del rapporto dell'istituto parigino. "L'Italia pensa - è scritto - che le interpretazioni basate su questi dati possano essere fuorvianti".

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