martedì 12 giugno 2007

Sogni d'oro. il Foglio

La morale intercettata sul caso Unipol è che il dalemismo è velleitario

Facci sognare. Vai!”. Per chi per anni non ha sognato, non c’è scandalo. Per chi non ha coltivato moralismi, non c’è morale da fare né da trarre. Per chi non ha menato il can del conflitto d’interessi per l’aia del tornaconto politico, non c’è sorpresa da ostentare. Ma per gli altri una riflessioncina sarebbe utile. Perché se tu dici che politica ed etica dormono nello stesso letto, poi, colto con l’amante banchiere o cooperatore o imprenditore nell’armadio, ti conviene almeno a posteriori ammettere che a volte gli affari flirtano eccome con i partiti (e viceversa), con le classi dirigenti politiche (e viceversa). Se il 21 luglio 2005 D’Alema alla Repubblica diceva: “Non conosco quello che è stato definito il ‘compagno’ Ricucci. Compagno di chi? Falsità montate ad arte per depistare… Io nell’operazione Unipol non c’entro nulla”, quando il “facci sognare, vai” a Consorte è del 7 luglio 2005 e il 18 luglio 2005 (tre giorni prima del 21), Ricucci scherzava al telefono con il simpatico senatore dalemiano Latorre: “Eccolo, il compagno Ricucci all’appello”, vuol dire che c’è del copioso velleitarismo nel progetto di salvare la denominazione “del lavoro” della Bnl, ma tenendo ben distinte politica ed economia, l’acqua santa e il diavolo. E’ velleitario soprattutto in un paese come l’Italia, che non ha netta la separazione tra diritto pubblico a difesa delle regole e affari privati liberi nella gara del mercato, ma che anzi vive di un’economia parte privata, parte socialista, parte clanica, parte salottiera, parte da merchant bank che parlano inglese, bolognese, bresciano, romano. Il nostro è il paese del diritto elastico, qui per i nemici le leggi si applicano, per gli amici si interpretano, è la regola aurea definita da Giovanni Giolitti. Ma suvvia, è ovvio, una banca molto amica, “a un anno dalle elezioni”, fa comodo a tutti e una classe dirigente lo rivendicherebbe (e soprattutto otterrebbe il risultato), non lo nasconderebbe nei conciliaboli a cena, perché “attento alla comunicazione”, potresti essere ascoltato. Certo, le cooperative e Unipol sono grandi realtà indipendenti, come ricordava, in pubblico, il D’Alema dell’estate 2005, ma poi alla fine arriva il mandato politico: “Facci sognare. Vai”.
Insomma, forse è il caso di smetterla di baloccarsi nel meraviglioso mondo in cui “la politica è una cosa, le imprese un’altra”, dove “non c’è una linea data dal partito” perché “c’è il massimo rispetto dell’autonomia delle imprese” e non sia mai che ci sia “un assalto politico alle banche”, tutte gladiatorie affermazione, sempre in pubblico, del D’Alema del luglio 2005. Meglio la chiarezza e l’efficacia, anche perché poi c’è sempre sullo sfondo, dunque al centro, quel dettaglio che non c’entra con le intercettazioni ma a noi sta a cuore, quei due conti di Consorte e Sacchetti (Unipol), con quelle due somme uguali (25 e 25 milioni di euro), immobili e bisognosi di attenzione chiarificatrice. Meglio la chiarezza. Altrimenti, sogni d’oro.

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