lunedì 5 novembre 2007

La generazione Tuareg. Davide Giacalone

Francesco Delzìo, da giovane (33 anni, una posizione in Confindustria), scrive dei giovani come della “Generazione Tuareg” (Rubbettino), alludendo al fatto che, per traversare il deserto, è bene restare in gruppo e non abbandonarsi all’individualismo (anche se, forse, sarebbe stato meglio parlare di “egoismo”). Talora, però, si ha l’impressione che qualcuno oscuri o sposti le stelle, in modo che la carovana perda l’orientamento e nel deserto ci resti a vita.
Prendiamo, ad esempio, il rientro televisivo di Daniele Luttazzi, esponente del cerchiobottismo con speranze comiche, il quale ha voluto dire ai giovani: attenti, con la legge Biagi, definita 30 per evitare di dover fare i conti con il morto ammazzato, ve lo mettono …. Immagine edificante, ma prima di tutto totalmente falsa: la fregatura non sta nella flessibilità, che, semmai, serve a creare ed offrire lavoro, ma nel suo concentrarsi in una sola fascia. Quella legge non dovrebbe essere soppressa, come chiedono i Luttazzi che si vogliono dimostrare oppositori del buon senso, ma semmai ampliata all’intero mondo del lavoro.
Il patto fra generazioni, la continuità del dare e dell’avere, non salta con la legge Biagi, semmai con le continue non riforme del sistema pensionistico, con lo spostare risorse a favore di chi esce dal lavoro, anziché a favore del lavoro e di chi vi entra. “Quanto – si chiede Delzìo – dovremo attendere per il primo sciopero dei ventenni e dei trentenni a sostegno della riforma delle pensioni? Chi riuscirà a spiegare loro qual è il loro vero interesse?”. Lui, con il suo libro, ci riesce, semmai si deve essere più tempestivi nell’accorgersi e nel condannare le luttazzate, che diffondono disinformazione e pregiudizi a piene mani.
A quanti continuavano a chiedergli della sorte dei giovani Benedetto Croce rispose che “l’unico problema dei giovani è invecchiare”, intendendo così negare una specificità politica o culturale. Non aveva torto. Il fatto paradossale è che quella battuta torna anche nella riflessione di Delzìo, ma in versione più prosaica: “nel 2050 la mia generazione avrà superato i 70 anni e sarà in splendide condizioni di salute. (…) Rappresenterà la classe anagrafica più numerosa”. Solo che oggi sono interessati a rivoluzionare lo Stato sociale, mentre domani ne avranno assorbito il fallimento. Il salto generazionale avverrà, ma confermando il potere dei vecchi. Quindi è ora il momento di darsi da fare. Proprio per questo, e proprio perché consiglio di leggere questo libro (breve ed efficace), faccio osservare all’autore due errori.
Egli definisce Tommaso Padoa Schioppa un “tecnico prestato alla politica”, proprio per questo capace di dire cose vere. No, prestiti di questo tipo esistono solo nei rotocalchi per non pensanti, e l’idea che ci siano tecnici in politica, per dirla ancora con Croce, è un’illusione che canta nell’animo degli sciocchi. Il governo della Repubblica è sempre politico, e non potrebbe essere diversamente. E’ un bene che a comporlo non siano chiamati (solo) analfabeti, ma la responsabilità di ciascuno è politica. E qui Padoa Schioppa ha fatto cilecca alla grande, perché la pratica ha tradito l’enunciazione. Non perché egli sia un incoerente, ma proprio perché, non avendo forza politica, non conta nulla e fa da copertura. Di questo i giovani devono ben rendersi conto, perché, altrimenti, non si capisce il motivo che spinge ed impone di far politica in prima persona, senza delegare.
Il secondo errore è credere che i governi della Repubblica siano stati, prima del crollo del muro di Berlino, sempre “eguali a se stessi”. Niente affatto: erano composti da coalizioni che ruotavano attorno allo stesso partito, la democrazia cristiana, ma la stagione centrista e quella del centro sinistra, quella della solidarietà nazionale e quella del pentapartito, non si somigliano affatto e non sono manco per niente sempre lo stesso governo. Se ci si lascia sfuggire le differenze, se si cede al luogo comune di morettiana memoria, si capisce poco del passato e non si riescono a porre seriamente le basi del cambiamento. Oggi, del resto, sono poi così diversi i governi che nascono dal bipolarismo bislacco ed elettoralistico?
Stiano attenti, i Tuareg generazionali, a non accettare l’eredità velenosa di una politica che ha perso spinta ideale e voglia di governare. Anche per quello l’Italia è priva di classe dirigente, quindi non affezioniamoci alle dune e non rifugiamoci nelle oasi.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu

Anonimo ha detto...

Perche non:)

Anonimo ha detto...

La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu

Anonimo ha detto...

Perche non:)