venerdì 21 dicembre 2007

Cuore di Flavia. Orso Di Pietra

Se uno non ha proprio un cacchio da fare può utilmente impiegare il suo tempo nella illuminante lettura delle cronache della movimentata passeggiata compiuta mercoledì scorso a piazza Colonna da Romano Prodi in compagnia della moglie Flavia. Quella nel corso della quale una passante si è messa ad urlare contro il Capo del Governo invitandolo ad andare a casa invece di continuare a “rovinare” gli italiani. Che cosa illumina questa lettura? Semplice: la vocazione servile di buona parte dei giornalisti delle grandi testate nazionali. La passante viene descritta come una signora anziana bionda ed impellicciata. Cioè una che si tinge, ricoglionita dall’età e bieca sostenitrice delle stragi degli animali. Inoltre, l’incauta contestatrice urla rumorosamente (come se si potesse urlare in silenzio). E reagisce in maniera isterica quando, sentendosi presa per un braccio dalla moglie del Presidente del Consiglio, grida “non mi tocchi, siamo in democrazia e dico quello che mi pare su suo marito che ci sta rovinando”. Viceversa, rispetto a questa specie di Franti in gonnella, la signora Flavia appare come una eroina risorgimentale. E Prodi diventa il buon Garrone che sorride e perdona la sconsiderata contestatrice. Ora, rispetto a questo tipo di lettura se ne propone una di diverso tipo. Quella secondo a Piazza Colonna c’è una signora anziana sola ed un Presidente del Consiglio accompagnato dalla moglie Flavia e circondato da uno stuolo di agenti della propria scorta. Che la signora anziana non si lascia intimorire dal Capo del Governo con annessa consorte e guardie armate. E che non esita a gridare il proprio dissenso in nome della democrazia. Se l’episodio fosse capitato a Silvio e a Veronica avremmo adesso una novella Dolores Ibarruri. E’ successo a Romano e Flavia. Ed il risultato giornalistico è la vecchia battuta di Alberto Sordi: “Mazza la vecchia, con flit! E si nun more, col gas! ”. (l'Opinione)

13 commenti:

Anonimo ha detto...

Chissà se l'anziana signora contestatrice si sarà chiesta:

"Ma questo qui chi ce lo ha messo su quella poltrona così lautamente retribuita? Io no di certo. Qualcuno però ce lo ha messo. Qualche incauto elettore? Assolutamente no. Gli elettori in Italia devono solo recitare uno stucchevole quanto inutile ruolo. Perché in Italia non c'è una vera democrazia. C'è una anomala oligarchia tirannica, anzi, una sorta di monarchia plurima di bassa qualità. Non abbiamo dei Re veri, gente aristocratica che sa governare e mira alla qualità della vita dei cittadini. No, abbiamo un gruppo di famiglie "regnanti", discendenti da villani arricchiti, invisibili al popolo, le quali hanno un potere assoluto, fanno e disfano governi, lavano il cervello ai cittadini, li mandano agli stadi o in discoteca, si pagano il consenso di milioni di politici, assessori, consiglieri, dirigenti, sindacalisti, impiegati pubblici, consulenti coi nostri soldi, coi soldi di noi contribuenti, e in cambio ci fanno vivere, tartassati, in un inferno di extracomunitari, di criminalità, spaccio, prostituzione, di inquinamento e di rumori. E la qualità dei dominanti è direttamente proporzionale alla qualità di vita dei dominati."

Certo che la signora contestatrice aveva ragione: lo stipendio all'utile uomo politico lo paga lei.

Anonimo ha detto...

da Il Giornale
(merita leggerlo tutto e attentamente)
Per certi versi, Vincenzo Visco fa tenerezza. Non certo come sanguisuga fiscale, perché sotto questo aspetto non ci sarebbe che da strozzarlo. Basti ricordare che da ministro delle Finanze tra il ’96 e il 2001, fece precipitare l’Italia dal 28° - che era già pessimo - al 32° posto nella graduatoria delle libertà economiche. Fosse per lui ci lascerebbe in culotte ed è per questo che viviamo nella speranza collettiva di liberarcene in fretta.
Dove invece fa pena è nei suoi guai giudiziari. Non gliene va bene una ma continua imperterrito da anni a infrangere le stesse norme. È il classico recidivo. Nelle prossime settimane il viceministro dell’Economia dovrà infatti affrontare due processi. Uno davanti al tribunale di Roma per la bieca faccenda del generale della Finanza, Roberto Speciale. L’altro in Sicilia per abusivismo edilizio. Entrambi sono copia conforme di due identici processi subiti anni fa.
Andiamo con ordine per cercare di capire come e perché questo pover’uomo sia sempre attratto dallo stesso genere di illegalità. Cominciamo con la Finanza e lasciamo in coda le avventure edilizie.
La storia di Speciale è nota. Nel luglio 2006, Visco chiese al generale di spostare da Milano quattro ufficiali che indagavano sui traffici dell’Unipol, capofila delle coop rosse. Poiché l’ordine equivaleva a sottrarre l’inchiesta ai quattro, Speciale rifiutò. Visco giurò vendetta e un anno dopo tolse al generale il comando della Guardia di finanza. L’arbitrio scatenò polemiche e, per dare una mano a Visco, l’inqualificabile ministro dell'Economia, Tps, accusò Speciale di infedeltà. Il generale indossò la mimetica e si rivolse furente alla giustizia. Querelò Tps per calunnia, denunciò Visco per minacce e abusi e chiese al Tar di annullare il suo licenziamento.
Il 20 luglio 2007, il Tar definì «illegittimo» il comportamento di Visco e pochi giorni fa, il 15 dicembre, ha reintegrato Speciale al comando della Finanza. Incassata la vittoria su tutta la linea, il generale, soddisfatto, ha fatto il beau geste di dimettersi dal Corpo e si è concentrato sull’obiettivo di fare condannare Visco per minacce e abuso.
Anche qui ha avuto la sua strenna di Natale. Venerdì 21 dicembre, infatti, il gip di Roma ha chiesto ai pm di fare un supplemento di indagini sul comportamento del viceministro. Come dire che, secondo lui, qualcosa di losco c’è e va approfondito.
Visco ha un precedente specifico in fatto di cacciate di collaboratori indocili e di corrispondenti batoste giudiziarie. Esattamente dieci anni fa, quando era ministro delle Finanze del primo governo Prodi, licenziò il direttore generale dei Monopoli, Ernesto Del Gizzo, altra testa dura. Visco aveva ordinato a Del Gizzo di rinnovare alla Philip Morris la licenza di fabbricazione di sigarette. La Morris è dal dopoguerra la monopolista del tabacco in Italia e l’emblema della colonizzazione americana del settore. Il dirigente, che conosceva i suoi polli, accusava la multinazionale di avere, con vari trucchi, evaso imposte per 60 mila miliardi di lire. Perciò, rispose a Visco che, stando così le cose, non avrebbe rinnovato un bel niente. O si faceva un nuovo contratto senza tanti privilegi e la Morris pagava le tasse dovute, o lui la firma non l’avrebbe mai messa. Visco insistette esattamente come insisterà con Speciale. Ed esattamente come farà Speciale, Del Gizzo si ribellò al sopruso e rifiutò l’ordine.
A questo punto, l’analogia tra i due casi si fa impressionante. Visco destituì Del Gizzo. Del Gizzo si rivolse al Tar che lo reintegrò nell’incarico dicendo che il ministro aveva affermato «cose non vere». Ma come il generale, anche il dirigente non riottenne mai il posto. Tra cavilli e ricorsi, Del Gizzo arrivò all’età della pensione e la prepotenza ebbe la meglio. A firmare poi il contratto con la Morris fu un funzionario più disponibile.
Morale: in entrambi i casi, i due cacciati hanno dimostrato più di Visco il senso della legalità e dello Stato. In entrambi i casi, il Nosferatu del fisco ha ingenerato il sospetto di non avere agito nell’interesse generale, ma per compiacere il proprio partito. Con la cacciata di Speciale per bloccare l’inchiesta Unipol. Con quella di Del Gizzo in modo più indiretto. Si scoprì, infatti, tempo dopo che la Philip Morris aveva parzialmente finanziato una fondazione di Max D’Alema. Alla stampa non sfuggì il nesso e le due cose furono messe maliziosamente in relazione.
Il capitolo degli abusi edilizi si apre con la dannata idea dei coniugi Visco di acquistare nell’isola di Pantelleria un dammuso, primitivo casolare mediterraneo del tutto invivibile senza restauri. Così, l’inflessibile percettore delle nostre tasse fece il furbetto. Trasformò di soppiatto una cisterna e un ripostiglio in due confortevoli stanze. Quando se ne accorse, il comune lo denunciò. L’inflessibile cercò allora di approfittare del condono edilizio varato nel 1994 dal governo Berlusconi e da lui, a suo tempo, aspramente criticato. Fece la domanda, ma il sindaco la rifiutò e passò le carte al pretore. Il giudice condannò Visco e la sua signora, Antonella Dugo, a 20 giorni di arresto e 25 milioni (lire) di multa. La pronuncia fu confermata in appello, salvo la riduzione della gattabuia a dieci giorni. Sentenza resa definitiva dalla Cassazione che, applicando la condizionale ai fin lì incensurati, fece loro grazia dei piombi.
Bè, non ci credereste: il Nostro ci ha riprovato l'anno scorso. Ancora una volta alla chetichella, ha modificato la stradina accanto al dammuso impedendo l’accesso agli isolani costretti ora a fare un giro quattro volte più lungo per recarsi alle terme sottostanti. Ha fatto inoltre un paio di fori in un muro di pietra per installare degli ombrelloni e ha creato una panca in cemento. I carabinieri hanno steso un minuzioso rapporto e ora se ne occupa di nuovo il magistrato.
Il giudice, Renato Zichittella, ha fissato l’udienza il 21 febbraio 2008. Nel frattempo, ha chiesto una relazione sui lavori abusivi di una forza di polizia. «Possibilmente - ha aggiunto tra il serio e il faceto, stando alle cronache locali - non la Guardia di finanza... o il generale Speciale».
Questa ripetuta recidività di Visco fa cascare le braccia. Non si sa se attribuirla a innata prepotenza o inguaribile sprovvedutezza. Probabilmente, è uno sprovveduto dalla nascita diventato inguaribilmente prepotente ricoprendo incarichi più grandi di lui.
Foggiano, 65 anni, Enzino Visco ha alle spalle una normalissima carriera universitaria di docente di Scienza delle Finanze. Non è stata certo questa a renderlo arrogante, mancando solidi motivi per gloriarsene. Quando nell’83 entrò alla Camera era un omettino introverso che, con la sua manìa di sbuffare toscani, si faceva il vuoto attorno. Eletto coi voti del Pci, si era però iscritto al gruppo degli - si fa per dire - «indipendenti di sinistra». Si mise subito all’ombra dell’allora ministro delle Finanze, il repubblicano Bruno Visentini. Costui era un gran tassatore, noto al mondo per avere imposto lo scontrino, allo scopo di spingere la vendita dei registratori di cassa dell’Olivetti di cui era presidente. Visentini divenne l’idolo di Enzino. Lui si lasciava adorare e diceva bonario: «Io sono Robinson Crusoè. Visco è Venerdì», cioè il buon selvaggio che faceva da domestico a Robinson.
Come vedete, le premesse erano modeste. Poi entrò nel Pci-Pds che, a corto di cervelli, lo fece passare per una gran testa. Così Visco se la montò, perdendola del tutto.
Giancarlo Perna

Anonimo ha detto...

'MAZZA CHE ROBBA! AHO!

Anonimo ha detto...

ma che cavolo di articolo è questo?

mahhhh, come al solito quel leccaculo di Diaconale solo in questo blog di sfigati raggiunge il massimo della notorietà

Anonimo ha detto...

"Quelli del Giornale farebbero meglio, invece di occuparsi male di noi e degli Angelucci, a guardare in casa loro, al loro editore Paolo Berlusconi, alla sua situazione finanziaria, ai suoi flop e alle sue discariche, ai suoi patteggiamenti" (Vittorio Feltri, Libero, 12 dicembre 2007).

Anonimo ha detto...

ma che cavolo di articolo è questo?

....che se al posto di Visco ci fosse stato, putacaso, Berlusconi, o qualcuno a lui politicamente vicino, e governando Berlusconi, si capisce, ...
sai quante volte la SX avrebbe aizzato le piazze, la stampa, le TV, i rotocalchi, i megafoni massmediali di ogni genere ...
al grido di DIMISSIONI!!!! QUESTE SI' CHE SONO VERE VERGOGNE! E' UNA SITUAZIONE INTOLLERABILE!
TUTTI IN PIAZZA DELLA BASTIGLIA!!!!
...
imaginiamoci i cartelloni delle varie organizzazioni politico-sindacali ...
... imaginiamoci tamburi, trombette, tamburelli, vetrine sfasciate, macchine a fuoco ...
... ecc ecc eecc eeeccc ...

Anonimo ha detto...

allo sfigato di destra delle 9.12 ,
voi che insieme ai sinistri siete la feccia dell'italietta, voi che provocate tensione e astio con contrapposizioni tra destra e sinistra(in realtà siete le imitazioni della vera destra e sinistra europea)
siete voi quelli che votavano pci dc e psi prima e riciclati con pd e forza minchia ...
siete vecchi perchè non avete il coraggio di ammettere che fuori da questi schieramenti di leccaculo e zerbini come diaconale, mimun, rossella, prodi, bertinotti &C. vi sono persone che usano il cervello per denunciare la feccia di cui è pregna la politica italiana...
auguri anche a voi vecchi e zerbini

maurom ha detto...

Se gli anonimi si scegliessero almeno un nome di fantasia, si potrebbe mandarli a quel paese senza specificare l'ora e il giorno...

Per chi si fosse distratto in questi giorni è il caso di ribadire un concetto: tutto quello che fa e dice la sinistra è fatto e detto bene.
Se Visco si comporta in modo arrogante, Berlusconi si comporta peggio...
Se Visco caccia inferiori "ribelli" è perché non sono degni di ricoprire la carica e poi Berlusconi è anche peggio...
Alla sinistra tutto è permesso: Stalin ha annientato una cinquantina di milioni di connazionali e c'è ancora qualcuno che lo giustifica...

Berlusconi non ha bisogno di dare spallate: questo non-governo cadrà da solo perché marcisce sull'albero.

Anonimo ha detto...

Tratto dall'Enciclopedia della Crusca: nuove ricerche sulle "perle" della Lingua Italiana sempre in evoluzione.

-sfigato (per quelli di Sx come si dice?) di destra
-feccia dell'italietta (l'ancienne Italie!)
-siete voi quelli che votavano pci dc e psi (tutto in una volta! ammappeli!)
-e forza minchia ...(rafforzativo siculo-calabrese - esprime durezza e determinazione)
-schieramenti di leccaculo(espressione semanticamente sempre efficace e raffinatissima) e zerbini (termine salottiero per scicconi "a la page")
-usano il cervello (chi?! lo dubito!) per denunciare la feccia (centro, destra o sinistra?)
-vecchi e zerbini (ripetizione rafforzativa).

Le ricerche dell'Accademia della Crusca continuano.

Anonimo ha detto...

allo(diciamo così) sfigato delle 17,12 che non è nè di destra nè di sinistra; forse sta al centro fra destra e sinistra:
"ma che pesce sei?"
Ora mi viene l'illuminazione!
Non sarai per caso un "Grillino"?
Chiunque tu sia e comunque tu la pensi, complimeti per il linguaggio ricco di squisite raffinatezze.
Degno di stare in appendice al celebre trattato di Monsignor Della Casa.
Saluti dallo "sfigato" delle 9,12.

Anonimo ha detto...

SQUILA ER TELEFFONO

E’ quassi mezanote e zi’Romano sta alegge l’urtimo articcolo deRReppublica. Commessente er telleffono squilà “Dring! Aridring! Dringte!!!” dicce
-ma aqquest’ora chi rompe?
-pronto zi’Romà, so’ zi’Lambe’. Comme che stai? Ta volevo di’ che dommani ce vedemo in sennato. Che semo tuti dacordo. Rivotamo tuti pette!
Zi’Romano se strofina locchi e penza
-Mennommale! Vo’vede che ce’a facemo anche stavorta?
Aho! Nunfattempo amette ggiù er riccevvitore, sa rimette addormì, che “Dring!!!!!” Er telefono arisona ‘narta vorta.
Dring!! Aridring!!! Ariaridringhete!!! Dring!! Aridring!!! Ariaridringhete!!!
Dring!! Aridring!!! Ariaridringhete!!!
Dring!! Aridring!!! Ariaridringhete!!!
Dring!! Aridring!!! Ariaridringhete!!!
Pronto zi’Romano? Ma che staiaffa? dormi? So’Zi’Fausto!!!!
Sto a rompe a quest’ora che te vojo addì ‘na cosa ‘mportante! che dommani votamo tutti pettè. Te saluto e bonanotte!
Zi’Romano rimane estassiato co er telleffono immano. Stampa uno de’que’ bbei sorisi da granni ocassioni e pensa
-Che c …! Domani famo capotto! Er govverno mio addaddurà finno a’a fine!
Possa er riccevvitore, se mette alletto ‘nartra vorta, accommoda er guancialle e
Dring!! Aridring!!! Ariaridringhete!!!
Dring!! Aridring!!! Ariaridringhete!!!
Dring!! Aridring!!! Ariaridringhete!!!
Dring!! Aridring!!! Ariaridringhete!!!
Dring!! Aridring!!! Ariaridringhete!!!
Dring!! Aridring!!! Ariaridringhete!!!
Dring!! Aridring!!! Ariaridringhete!!!
Dring!! Aridring!!! Ariaridringhete!!!
Dring!! Aridring!!! Ariaridringhete!!!
Ma vaff …
-Pronto zi’Roma’. So’Berloscone! Penza che te ripenza per er benne dell’Itallia avemo tutti deciso da votà petté! Bonanotte. Addomani!
Tutto fellice comme un rigazzino chevvede li reggali dellaBBefana se rinfilla soto ‘eccopperte e sadormenta.
Una voce lontana, poi sempre ppiùviccina, quela de'assoraFlaffia
-Svejate Roma’ che è l’ora d’annà ‘nsennato! Che beli sogni che sei stato affà! Tutt’a note co er soriso su’e labra!
A zi’Romano vienghe un sospeto.
Ariva ar sennato e vedde Zi’Fausto che ‘o gguarda storto, poi ‘ncontra zi’Lamberto che nun arisponne manco ar saluto, e accossì, moggio moggio entra nelaulla e penza
-E’ proppio vero quanno che dicheno che er porco sogna ‘agghianda!

Anonimo ha detto...

Finisce il tempo, c'è spazio solo per la stampa amica

l'Ordine dei giornalisti aveva inviato alle agenzie la successione delle testate che avrebbero posto una domanda al Presidente del Consiglio.

Tutto, però, si è svolto regolarmente. Ha iniziato Il Mattino, poi Radio 24 e via così. L'Agi, l'Adn Kronos, il Sole 24 Ore, il Wall Street Journal. Nessun intoppo, nessuna domanda imbarazzante. In molti hanno posto l'accento sullo strappo di Lamberto Dini.
Le testate economiche si sono concentrate sul caso Alitalia, sulle nomine delle società ancora partecipate dallo Stato, su Pil e deficit. Soddisfazione per la presenza in sala di Zainab Najem, una stagista irachena in forza all'Adn Kronos International («un raggio di sole nel panorama compromesso del Medioriente» l'ha salutata il presidente dell'Ordine dei giornalisti Lorenzo Del Boca).
Poi, all'improvviso, accade qualcosa di inspiegabile.
Il portavoce di Prodi Silvio Sircana si alza e porge un foglio di carta a Del Boca.

Il TG4, sedicesima testata in ordine di apparizione viene saltata.

Il tempo stringe, ci si avvia alla conclusione.
Tocca alla Reuters, sono quasi le 13.30, bisogna chiudere.
Salta il Giornale Radio Rai, l'Ansa, ma non il Tg1 che sta trasmettendo in diretta la conferenza stampa.
Del Boca prende il microfono:
«C'è spazio per un'ultima domanda, il Tg1».
Il giornalista, preso in contropiede, si alza dalla poltrona e va verso il microfono.

Dopo di lui sarebbe stato il turno di LIBERO ma è tardi.
Bisogna chiudere.

Anonimo ha detto...

c'è spazio solo per la stampa amica

aho!
E ME PAREVA CHE'ECCOSE NUN TORNASSENO PENNIENTE.
SEMO O NO, IN DEMMOGRAZZIA?
CE' LIBBERTA'!
'A LIBBERTA' DA FAPPARLA CHI JE PARE!
LIBBERTA' DE PAROLA!