mercoledì 9 gennaio 2008

Stavolta i giudici stanno a guardare. Filippo Facci

Silvio Berlusconi non ha imprese di smaltimento, neanche un dipendente Mediaset a sorvegliare un bidone della spazzatura: e sarà questa la spiegazione del perché la magistratura napoletana pare ferma e immobile, con le inchieste chiuse nei cassonetti; a meno, ecco, che trattino di telefonate e di attricette e appunto di Berlusconi.
E chiamatela ironia, chiamatelo obliquo stratagemma per difendere sempre il capo: epperò sono veramente in tanti, per quanto non manchino né la puzza né il bruciato, a chiedersi che fine abbia fatto la magistratura campana. Nel pattume sembra rotolata anche l’obbligatorietà dell’azione penale, ciò che riguarda la mera e impunita violenza di questi giorni: aggressione a pubblici ufficiali, resistenza, danneggiamento, incendio, occupazione abusiva oltreché interruzione di pubblico servizio per chi ha bloccato autostrade e tratti ferroviari: a Napoli si può.
Solo l’altra notte due autobus sono stati bloccati e uno è stato dato alle fiamme, sconosciuti hanno fatto scendere i passeggeri di un altro autobus e li hanno usati come blocchi umani per fermare la circolazione, due poliziotti sono finiti in ospedale per ferite e contusioni, un’auto della Stradale è stata semidistrutta, diversi vigili del fuoco sono stati feriti da sassaiole mentre altri deficienti appiccavano fuochi vicino a un distributore di benzina, con tre cine-operatori che intanto venivano picchiati con calci e pugni e derubati, le loro telecamere spaccate, le videocassette rubate, l'informazione pure.
Di quanti reati stiamo o non stiamo parlando, senza contare quelli sanitari? La magistratura brancola nel puzzo anche se il proscenio non pare Napoli ma la Beirut della guerra civile, sembra il Medioriente, c’è anche l’esercito: ma sono soldati che non reprimono, li hanno mandati a portare via spazzatura. Mentre migliaia di spazzini (operatori ecologici, signor ministro dell’Ambiente) sono fermi da tempo immemore: senza che anche lì si muova una foglia, un foglio. È da almeno tredici anni che la spazzatura ha invaso le strade campane, qualcosa di unico in Occidente: una raccolta differenziata pari al cinque per cento e per il resto 7.500 tonnellate di rifiuti il giorno, 350 Tir il giorno, e pure in Campania ci sarebbero ben sette impianti di produzione di Cdr, il Combustibile Derivato dai Rifiuti: regolarmente incendiati dalla camorra, oppure ecco, bloccati dalla magistratura perché il pattume non era trattato, era inadatto alla lavorazione.
Anche il termovalorizzatore di Acerra è stato bloccato dalla magistratura dopo che gli ecologisti l'avevano definito inquinante e ormai vecchio. La Procura di Napoli ha interdetto Fibe e Fisia, le aziende del gruppo Romiti che gestiscono diversi impianti e la costruzione dell’inceneritore di Acerra, dopo aver raccolto le denunce di vari comitati: si è concentrata sulla presunta obsolescenza degli impianti e di fatto ha bloccato tutto.
Per il resto, gli unici magistrati che si sono un minimo mossi sono quelli anticamorra, che sin dal 1992 aprirono inchieste sull’affare della cosiddetta «Monnezza d’oro» che i boss cominciarono a preferire alla droga, perché rendeva di più e rischiavano meno: su tutte, la cosca dei Casalesi e i clan di Rione Traiano e di Pianura, peraltro citati dallo scrittore Roberto Saviano («Gomorra») ma anche dal procuratore Franco Roberti su Repubblica di domenica scorsa: «È la camorra a spingere perché prevalga la violenza, la camorra ha interesse ad agitare la protesta e a mantenere la situazione emergenziale che le porta guadagni». Solare, e nondimeno grave: e allora che aspettano le Forze dell’ordine a intervenire? Meglio: che aspetta la magistratura a intervenire con le Forze dell’Ordine? Risposta che semplicemente sfugge. Quello campano non è più uno scenario sociologicamente delicato sul quale non infierire: stiamo parlando di camorra, di crimine organizzato, di reati gravi contro lo Stato e i suoi uomini, i nostri.
Si era saputo di un’inchiesta sui rifiuti in provincia di Caserta ancora nel 2005: giri di mazzette e favori legati all’individuazione di una discarica e della ditta a cui demandare lo smaltimento: non ne abbiamo saputo più nulla, almeno noi. E fa specie che a porsi qualche domanda, ieri l’altro, sia anche Pn, un sindacato della Polizia: «Le dimissioni di Bassolino e Pecoraro Scanio servirebbero a calmare gli animi della gente esasperata: non è più possibile vedere le forze di Polizia scontrarsi duramente con i cittadini onesti che per anni hanno pagato tasse per la spazzatura». E ancora: «È urgente un intervento chiarificatore della Magistratura per fare definitivamente luce su una gestione ultradecennale scandalosa». Lo dice la Polizia. Speriamo che con la magistratura si facciano almeno una telefonata. (il Giornale)

5 commenti:

Anonimo ha detto...

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ME METTO ASSEDE, MAGNO,BEVO, INTROGOLO ER TAVOLO … FACCIO LI C … MIA …
TUTT' ASSBAFO!
«Lottare per il diritto all’abitare anche attraverso occupazioni di stabili non costituisce associazione a delinquere». Ieri Liberazione sintetizzava così, trionfalmente, una sentenza che ha assolto alcuni esponenti del gruppo Action (tra loro l’ex consigliere comunale romano Nunzio D’Erme) fortemente impegnati nell’impadronirsi di alloggi altrui oltre che negli «espropri proletari»: dai loro esecutori ribattezzati - per attenuarne l’illegalità - «shopsurfing metropolitano». …

Siamo di nuovo - dopo i pretori d’assalto degli anni Sessanta e Settanta - a una giustizia che stravolge le norme dei codici, assoggettandole a un’interpretazione etica e sociale. L’intenzione e la passione giustificano i mezzi, e in definitiva anche i crimini. Questi sofismi furono praticati per il famigerato delitto d’onore, questi sofismi sono praticati anche nell’analisi storica. Il comunismo ha ucciso, torturato, incarcerato più del nazismo, ma lo faceva a fin di bene. L’arida e insensibile legge scritta deve piegarsi ai principi di una suprema legge del popolo, o piuttosto dei capipopolo: adottata per l’occasione da benevole toghe. …

vogliamo ricordare che milioni di brave persone, pur alle prese con la difficoltà di far bastare i soldi, vanno al supermercato per comprare e pagare, non per uno shopsurfing che non sanno nemmeno cosa sia.
Se a queste brave persone chiedete cosa fa un praticante dello shopsurfing la risposta è netta: ruba. E chi penetra in un alloggio non suo è un aggressore. Questo e il parere dell’inascoltata e onesta maggioranza silenziosa. Ma non dei Casarini. E nemmeno di alcuni magistrati.

IO VO’ A MAGNA’ IN TRATTORIA E QUANNO CHE L’OSTE MA PRESENTA ER FOJETTO COR CONTO DA PAGA’ JE DICO –MA VA A M………TO. E CHE NUN ‘O VEDI CHE STO AFFA’ ER ZUPPASUFINGGHE?
POI ME VA DANDA' A CASA TUA, MACOMODO PERBENE, TE BUTTO FORA A CARCIONI, TE SBATTO LUSCIO 'NFACCIA ... E POI TE DICO
-AHO! QUI SE STA AFFA' ER ZUPPASURFINGGHE!!!

maurom ha detto...

Parole sante!

Anonimo ha detto...

Finalmente, dopo lunghe ricerche, è stato individuato il colpevole dello scandalo della mondezza a Napoli: la magistratura. C'è voluto qualche anno, ma alla fine ci siamo: è stata la Procura di Napoli a causare con la sua inerzia quel po' po' di disastro. Mentre le ecoballe si ammucchiavano, i cassonetti sversavano, i liquami perforavano le falde acquifere e i miasmi avvelenavano l'aria, i pubblici ministeri che facevano? Battevano la fiacca, anzi cercavano il modo per incastrare - tanto per cambiare - quel povero perseguitato di Berlusconi. Il merito della scoperta, che taglia la testa al toro delle eventuali responsabilità politiche, lo dobbiamo a due valorosi giornalisti d'inchiesta, al cui confronto un Roberto Saviano è un povero dilettante: Pierluigi Battista, al secolo Pigi Cerchiobattista, vicedirettore del Corriere della sera e conduttore di programmi "storici" in tv; e Filippo Facci, editorialista de Il Giornale. L'altro ieri, in stereofonia, Battista e Facci hanno spiegato all'inclita e al colto come si è arrivati all'emergenza in Campania. «Silvio Berlusconi - osserva il sempre spiritoso Facci in un commento di prima pagina dal titolo "Stavolta i giudici stanno a guardare" - non ha imprese di smaltimento, neanche un dipendente Mediaset a sorvegliare un bidone della spazzatura: sarà questa la spiegazione del perché la magistratura napoletana pare ferma e immobile con le inchieste chiuse nei cassonetti: a meno, ecco, che trattino di telefonate e di attricette e appunto di Berlusconi». Insomma, «che fine ha fatto la magistratura napoletana?». Non pervenuta, almeno in casa Facci (il quale peraltro sottovaluta il suo padrone: il gruppo Berlusconi s'è occupato eccome di rifiuti, tant'e che il suo editore Paolo Berlusconi ha patteggiato un anno e mezzo di reclusione e restituito 180 miliardi di lire sull'unghia per le ruberie sulla discarica di Cerro Maggiore ai danni della Regione Lombardia). Intanto, sulla prima pagina del Corriere della sera, l'acuto Battista la prende alla lontana per spiegarci come e qualmente la Seconda Repubblica sia peggio della meravigliosa Prima (quella del colera a Napoli e dei politici camorristi, ladri e tangentari). Verso il fondo dell'articolessa, dopo qualche centinaio di righe, piazza anche lui la sua zampata contro «la rivoluzione giudiziaria che travolse nel disonore la Prima Repubblica» e ovviamente contro la magistratura, che «a Napoli nulla sa dello scandalo della spazzatura che oscura il Vesuvio, ma in compenso si prodiga alacremente per sciogliere il mistero delle vallette raccomandate (in realtà si indaga sulla corruzione di un dirigente Rai e sulla compravendita di senatori, ndr). Quindici anni vissuti nell'ossessione di Berlusconi, convinti che con la sua eventuale uscita di scena i problemi si sarebbero dissolti, che la spazzatura si sarebbe smaterializzata». In attesa di sapere chi mai abbia scritto o pensato che Berlusconi sia colpevole della spazzatura a Napoli, ci permettiamo sommessamente di suggerire a Facci e a Battista di leggere i loro rispettivi giornali. Che da anni raccontano le indagini della Procura di Napoli su Antonio Bassolino e sui responsabili dell'Impregilo per il mancato smaltimento dei rifiuti, con accuse che vanno dalla truffa aggravata e continuata alla frode in pubbliche forniture. Indagini aperte quattro anni fa e chiuse l'anno scorso con ventotto richieste di rinvio a giudizio, ora al vaglio del gup nell'udienza preliminare aperta il 26 novembre. Non contenti, questi scioperati dei magistrati napoletani hanno sequestrato 750 milioni di euro al gruppo Impregilo e alle controllate Fibe, Fibe Campania e Fisia, e interdetto per un anno la stessa Impregilo e cinque società del gruppo dal fare contratti con la Pubblica amministrazione. Casomai ai due informatissimi giornalisti servisse qualche parola chiave per le ricerche d'archivio, possono inserire i nomi dei pm Novello, Sirleo e Trapuzzano, o del gip Saraceno, o del gup Piscopo. Soprattutto a Battista, i nomi di alcuni imputati dovrebbero suonare familiari, trattandosi di Piergiorgio e Paolo Romiti, figli dell'ex editore del Corriere, Cesare, già amministratori di Impregilo. Cioè del gruppo che avrebbe dovuto smaltire il pattume oggi racchiuso in quei milioni di vezzose ecoballe: invece, secondo l'accusa, incassò miliardi a palate senza smaltire un grammo di spazzatura. Ora naturalmente Facci e Battista si scuseranno con gli eventuali lettori per la loro incredibile superballa. Molto più tossica e nociva delle ecoballe.

maurom ha detto...

Oggi, caro anonimo amico di Travaglio, mi fai fare gli straordinari: almeno avessi il coraggio di trovare un nome di fantasia!
Ma voi la faccia non la mettete mai: lanciate il sasso e poi via...
Mi limito ad una sola osservazione:se il fratello del Berlusca "ha patteggiato un anno e mezzo di reclusione e restituito 180 miliardi di lire sull'unghia per le ruberie sulla discarica di Cerro Maggiore ai danni della Regione Lombardia", perché in Campania, per lo scandalo rifiuti, nessuno è stato CONDANNATO, ma solo rinviato a giudizio?

Anonimo ha detto...

semplice: perchè il diritto va studiato e non mauromato

c'è chi ha usufruito del patteggiamento ed ha chiuso subito ammettendo le proprie colpe,
c'è chi preferisce continuare e viene rinviato a giudizio per poi essere giudicato


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