giovedì 17 gennaio 2008

Stavolta il velo si è squarciato. Pierluigi Battista

Stavolta no. Stavolta una notizia d'arresto divulgata per via mediatica prima ancora della notifica alla persona interessata, e un atto giudiziario che configura di fatto l'incriminazione di un intero partito non sono stati accolti con la solita ipocrisia. Stavolta il ministro Mastella ha ricevuto pubbliche solidarietà che non si aspettava.

Sulla vicenda Mastella, della moglie Sandra Lonardo e dell'Udeur campana inquisita in blocco come una qualunque associazione a delinquere, stavolta si è strappato il velo cerimonioso della simulazione che prevede, da parte della politica, l'omaggio preventivo alla magistratura come salvacondotto obbligatorio per ogni valutazione critica sull'operato di alcuni magistrati (non tutti). Stavolta il presidente del Consiglio, Romano Prodi e il vice-presidente del Csm, Nicola Mancino, hanno espresso la loro solidarietà a Mastella, non temendo di unire le loro voci a quelle, ovviamente ipercritiche verso le modalità di intervento di certi magistrati, dell'opposizione. Stavolta la parte maggioritaria del Parlamento (il Partito democratico più il centrodestra) ha fragorosamente applaudito le parti più dure del discorso con cui il ministro Mastella ha annunciato le sue dimissioni, rompendo l'incantesimo di un bipolarismo primitivo che prevede la scelta di mettere a profitto le difficoltà giudiziarie che funestano il campo avversario. Si è sentita l'enormità di una procedura purtroppo molto, davvero troppo frequente in Italia, che costringe chi viene raggiunto da un provvedimento giudiziario così grave come la custodia cautelare ad averne conoscenza dalla stampa e non dagli uffici che ne dispongono la messa in atto. Ieri è stata una giornata di svolta nel rapporto tempestoso che ha inquinato il rapporto tra politica e magistratura in Italia. Non è stato detto, come è sempre avvenuto, che occorre attendere (sottolineando: «serenamente») le conclusioni del lavoro della magistratura per poterne ricavare un giudizio, ma un giudizio è stato formulato con una certa celerità: troppo clamorose sono state la tempistica, le modalità, l'entità delle accuse rivolte a un intero partito, in questo caso l'Udeur, trattato alla stregua di un'associazione criminale. Il contenuto delle accuse a Mastella, a sua moglie e al suo partito si è appannato e sono emerse fin dall'inizio le implicazioni politiche di un caso che coinvolge pesantemente un esponente del governo. Ci saranno prezzi da pagare, per questa scelta. Il ministro Antonio Di Pietro dovrà decidere come accettare la sua permanenza in un governo che ha accolto con favore i toni molto aggressivi con cui il ministro dimissionario ha attaccato una parte della magistratura tra gli applausi del Parlamento.

Da parte dell'Associazione nazionale magistrati non sono mancate le manifestazioni di stupore per le parole pronunciate con una veemenza mai raggiunta nemmeno dagli esponenti del centrodestra più inclini a un atteggiamento bellicoso nei confronti dell'intera magistratura. Ma un tabù è venuto meno, nel centrosinistra si è definitivamente rotto l'obbligo dell'unanimismo, anche al prezzo di polemiche su un fronte cruciale della politica di questo quindicennio. Nei giorni prossimi si vedrà se il governo saprà reggere le tensioni esplose ieri. Ma una tassativa intimazione al silenzio, vigente oramai da molti anni, è stata apertamente sfidata. Come a voler chiudere una fase storica durata troppo a lungo. Un effetto boomerang non previsto da chi non si rassegna all'idea di rinunciare all'arma giudiziaria come soluzione dei conflitti politici. (Corriere della Sera)

1 commento:

Anonimo ha detto...

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... Perché al di là delle dichiarazioni ufficiali, anche se il centrodestra sembra fare di tutto per non approfittare della situazione (come è successo ieri a Palazzo Madama dove una mozione anti-Bassolino sui rifiuti non è passata perché erano incredibilmente assenti senatori di Forza Italia e dell’Udc), la maggioranza espressa dal voto popolare del 2006 non c’è più e di questo il presidente della Repubblica dovrà, prima o poi, prenderne atto.


Anche se Prodi si è sempre dimostrato bravissimo a riattaccare i cocci rotti, da ieri, 17 gennaio 2008, la coalizione al governo ha infatti cambiato ufficialmente pelle perché, ormai, non ci sono più solo le minacce di Dini che, per mesi, ha continuato a ripeterci d’essere pronto a sparigliare le carte. Adesso c’è un dato di fatto incontrovertibile: l’Udeur è diventato un battitore libero e il proprio capo, che è già un provetto slalomista, darà il meglio di sé. Prodi non potrà più fare finta di nulla, come è, invece, successo ieri all’audizione alla Camera in cui è stato capace di non prendere posizione nella querelle magistratura-Mastella (e, cominciando a leggere le carte, si ricava sempre più la convinzione che la sirena di Ceppaloni ha più di una ragione da vendere).
da LA NAZIONE