lunedì 11 febbraio 2008

Il Popolo della Libertà non deve vincere, deve stravincere. Milton

L’ora è arrivata. Romano Prodi (Presidente del PD, non scordiamocelo mai!) e il suo Governo tra cumuli di rifiuti, tasse e miseria, dopo aver messo in ginocchio l’Italia, sono andati a casa. Il Presidente della Repubblica, con una sindrome da protocollo istituzionale non in linea con le urgenze del Paese, ha constatato, con una certa riluttanza, l’impossibilità (e l’inutilità) di formare un nuovo esecutivo, e ha così finalmente sciolto le camere.

Nel frattempo la sinistra si è spaccata. L’anomalia tutta italiana di una sinistra massimalista e radicale alleata con la sinistra che (con la solita buona dose d’immodestia) si definisce riformista, sembra essere finalmente terminata con circa cinquant'anni di ritardo, rispetto a tutte le esperienze delle più grandi democrazie europee. E’ proprio questo ritardo che deve fare pensare, e deve fare stare all’erta; Veltroni e il PD (che ha come Presidente Romano Prodi, non scordiamocelo mai!) corrono da soli perché sanno che la riproposizione dell’accozzaglia sbandata del 2006, porterebbe ad una sconfitta certa e cocente. Quindi da soli per necessità, non per scelta o diverso posizionamento politico, accompagnando il tutto con questa ormai stantìa esegesi del nuovo, patetica e comica , recitata ogni giorno da chi ha iniziato ad alzare il pugno chiuso negli anni settanta, ha continuato a farlo fino al Congresso dei Giovani Comunisti Europei a Sofia alla fine degli anni ottanta, per poi dimenticarselo ed abbracciare l’America, Martin Luther King, Obama, Jovanotti, l’Africa e la solita vecchia, trita e ritrita galleria di citazioni, buonismi e chiacchere al vento. Da Spello Veltroni ci dice tutto e il contrario di tutto, ma soprattutto dice che è la politica che si deve rialzare, quella politica che lui fa da trent’anni, ricoprendo cariche via via più importanti. Insomma un’autocritica inconsapevole, un marziano che all’improviso sbarca in Italia.

Ma nonostante questo vuoto spinto, nonostante il significativo vantaggio nelle indicazioni di voto del Popolo della Libertà, Veltroni e il PD non vanno sottovalutati, essenzialmente per due ragioni. Primo perché sono già iniziati i soliti endorsement (con Mieli gran ciambellano), le interviste in ginocchio (Veltroni a Matrix, la settimana scorsa) le adesioni dei “soliti pezzi” della società civile e … non siamo ancora in campagna elettorale.

Secondo perché una volta tanto ha ragione Veltroni, non bisogna vincere a tutti i costi. E vero! Bisogna stravincere a tutti i costi. Il Popolo della Libertà, questa volta, deve stravincere, perché per la missione che l’aspetta, non ci devono essere ostacoli, trasformismi, camaleontismi, ripensamenti, capriole, follinismi, titubanze. Perché la missione è, questa volta, una vera rivoluzione liberale, non più derogabile, senza compromessi, senza colbertismi, non più emendabile, senza rendite di posizione, senza codardi moderatismi.

E’ l’ultima chance perchè il Popolo della Libertà non tollelerebbe un’ulteriore occasione perduta; chi non ci sta, lo dica ora, e vada per la sua strada, perché per ciò che c’è da fare serve coraggio, determinazione e coerenza.

Perché ci vuole coraggio per mandare a quel paese ogni corporazione, i signori delle rendite, i capitalisti senza capitali, i monopolisti privati, basta con la concertazione, con i soliti tavoli, con i soliti interessi. Serve un piano di liberalizzazioni che permetta finalmente ai cittadini di esercitare la propria libertà di scelta, in un quadro di trasparenza e concorrenza. Vogliamo finalmente avere la libertà di mandare a scuola i nostri figli dove più lo riteniamo opportuno, vogliamo un’università libera dai baroni con una propria autonomia e responsabilità, vogliamo essere curati dove pensiamo lo facciano meglio, non vogliamo più balzelli e bolli. Si devono liberare finalmente tutte le energie del mercato, chi intraprende e rischia non venga più sbertucciato, affinché l’intrapresa torni ad essere quella insostituibile cellula sociale creatrice di benessere, perché il valore sostituisca finalmente la rendita.

Perché ci vuole coraggio per mettere mano alla vergogna della spesa pubblica; una spesa che ormai ha raggiunto la metà del PIL. I numeri sono scandalosi: più di 42 milioni di giornate di malattia retribuite nel 2006, più di 12 giorni di malattia per dipendente pubblico all’anno, nessuna mobilità, un potere invasivo e devastante dei sindacati, i veri padroni della macchina della pubblica amministarzione. Più di 100 miliardi di euro l’anno spesi nella sanità, con i bambini che muoiono di appendicite negli ospedali e la necessità di raccomandazioni, per fare una TAC in tempi non biblici. Sulla spesa pubblica e la PA non ci vogliono esitazioni e titubanze, va razionalizzata e resa più efficiente, va bloccato il turnover dei dipendenti pubblici e la mobiltà non deve essere più volontaria, e più responsabilità ai dirigenti. Chi gestisce un ospedale deve essere giudicato per i risultati che porta e per il servizio che riesce a dare, nient’altro. E nessuno rimetta sul tavolo i voti degli statali, c’è il voto dell’Italia che produce che aspetta e che non può essere più tradito.

Perché ci vuole coraggio per dare finalmente anche ai lavoratori italiani un fisco giusto, che chieda ai cittadini la giusta parte dei risultati del loro lavoro ed in cambio, fornisca servizi adeguati. Giù le tasse, senza titubanze con i soldi del taglio della spesa pubblica, innalzando l’età pensionabile a livelli europei. Giù le tasse, per riaccendere i consumi e lo sviluppo.
Perché ci vuole coraggio per dire ad un giovane, il futuro è nelle tue mani, mettiti in gioco, punta sulla conoscenza, sulla competenza, il posto sicuro è una schiavitù, sei tu la tua sicurezza e il tuo destino, in un ambiente che premia il merito, favorisce la mobilità sociale e la capacità di rischiare.

Perché ci vuole coraggio per dire a chi non ce la fa, che la soluzione sta nella creazione del benessere e non nella redistribuzione, che chi dice di rappresentarli, in effetti non l’ha mai fatto, curando sempre i propri interessi corporativi. Benessere e sviluppo combattono la povertà, nient’altro.

Perché ci vuole coraggio per dare voce all’Italia dei volontari che ogni giorno, in silenzio, mette in gioco se stessa al servizio degli altri, l’Italia della sussidiarietà mai rappresentata a nessun tavolo, ma motore vitale di coesione, solidarietà e sviluppo.

Perché ci vuole coraggio per mettere mano finalmente ad una nuova politica energetica, che faccia piazza pulita dell’ambientalismo dei veti, a un nuovo piano infrastrutturale prendendosi la responsabilità di decidere ed avendo la forza di farlo. Un ambientalismo consapevole e responsabile che comprenda che la tutela dell’ambiente non è in conflitto con lo sviluppo, ma al contrario ne va ricercata la simbiosi.

Perché ci vuole il coraggio delle scelte perché i cittadini sentano la sicurezza come un valore, perché non si muoia più sul posto di lavoro, né per incidente o negligenza, né perché non si è pagato il pizzo.

Perché ci vuole coraggio per dare ai cittadini una giustizia che funzioni, la certezza di essere giudicati da giudici imparziali in tempi brevi, poche regole ma certe, interpretazioni univoche, la libertà di alzare il telefono e poter parlare liberamente, senza il timore che qualcuno ascolti.

Coraggio, forza e responsabilità. E per questo che bisogna stravincere, la rivoluzione liberale non può più attendere.

Due mesi ancora per riprendersi il Paese e la nostra libertà. (l'Occidentale)

8 commenti:

Anonimo ha detto...

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L’ora è arrivata
... E MO' SPERAMO BBENE CHE 'STA VORTA NUN CE CE FREGHENO 'N'ARTRA VORTA!

Perché ci vuole coraggio per mettere mano alla vergogna della spesa pubblica; una spesa che ormai ha raggiunto la metà del PIL.
... a Stioppa! Svejate!
Giù le tasse, senza titubanze con i soldi del taglio della spesa pubblica
... a Vischio! 'a famo finita de sfrucacchià drento 'e tasche de'a ggente?

Perché ci vuole il coraggio delle scelte perché i cittadini sentano la sicurezza come un valore
... che mo' semo sicuri solo de nun esse più securi!

la rivoluzione liberale non può più attendere.
...E MO' CE DEVEMO TUTTI RIMBOCCA' E MANNICHE E METTESE ALLAVORO.
... che questa ggente cià votato 'a saccoccia, cià riempito de crandestini fino al'ochio, quanno che tagredischeno, guai se te difendi, che 'nvece loro te posono mazzà e nunne je fanno nniente ... gireno 'ndisturbati pe' tutto er teritorio, che rubeno, amazeno, strupeno e queli de lo governo li spalegieno!
'A famo fenita?

Anonimo ha detto...

Che prima te dicheno che Berluscono leva 'e tasse che vole bene solo 'a li ricchi.
Poi che te fanno un governo che tronca dale tasse le gente meno abiente.
Poi che leletorato sè 'ncazzato abbrutto elloro ora che te dicheno?
Bisogna bassà 'e tase!
-anno scoperto laqua calda
-se sò accorti che laggente li vole lincià
-nun cè da credece che quando che zi'Romano se mise affà 'a campagna letoralle disse che 'e tase non l'omentava. E'nfati sè visto! Mo' cè Wartere che ripette 'e stese buccie.
Marameo!

Anonimo ha detto...

PERICCOLO! TUTI ATENTI!
OCHIO AL C...!

Che ne er partitto de Wartere ce sta stanno sempere zi'Romano, Vischio (Draccula), Stioppa.
Che Stioppa mette 'e tase
che Vischio, poi, suchia lo sangue.
Che ppoi viene er Peccoraio che te ariempie de Monnezza (ma che ministro copietente!)
e a'a fine un ber gireto inbbarca co'Baffino! Che è 'na cossa tuta Specciale, anche se er più specciale de tuti è Vischio.

Anonimo ha detto...

Arrestati, volevano uccidere

il vignettista "di Maometto"

Perchè nei nostri Paesi c'è troppa libertà di movimento e di ingresso; poca sorveglianza; troppa, ma troppa accoglienza.
Li accogliamo, siamo pieni fino al collo di moschee, nelle scuole non può più celebrare il Natale o al Pasqua (vedi kla suola di Torino che invece di Buon Natale mette un'insegna con "Festa della LUCE!!!!" (LA FESTA DEGLI SCEMI!).
Andando avanti così è ovvio che non saremo più liberi di criticare o di fare satira (guarda quanta se ne fa sul Papa: ma sul Papa è lecito; perchè qui vengono pure a dirci quelle che è lecito e quello che no)

Anonimo ha detto...

Era fatale che la questione delle materne comunali milanesi finisse nel regno delle carte bollate, dove la magistratura applica le norme e talvolta le fabbrica, con un’interpretazione, come dire, creativa, e fissa così direttive e rotte. Il Comune ha emesso tempo fa una circolare con cui si escludevano i bambini degli immigrati irregolari dalle materne. Lo ha fatto sulla base di leggi e regolamenti fin qui indiscussi, ma subito è incorso nella scomunica demagogica del ministro Fioroni.

Una madre marocchina ha fatto ricorso e il giudice le ha dato ragione: anche i figli dei clandestini vanno accolti. Il Comune ha agito in base alle leggi, ma pare che altre contraddicano quelle norme. Nella culla del diritto, a cavallo del cavillo, si può sostenere tutto. Era, ancora, fatale che il contenzioso alimentasse una polemica politica, c’è anche il sospetto che il caso sia stato scientemente montato, se è vero che la madre marocchina che ha fatto ricorso al giudice avrebbe potuto comunque ottenere l’accoglimento della domanda d’iscrizione, in quanto è in attesa del permesso di soggiorno.

I tempi sono quelli che sono, la predicazione della solidarietà a tutti i costi può diventare un efficace corpo contundente da usare nella lotta politica, specie se rinforzata da sentenze o ordinanze. Ed è per questo che gli esponenti della sinistra che predica le «porte aperte» sparano contro chiunque chieda il rispetto della legalità. I cittadini sono sconcertati. Hanno la sensazione di vivere in un singolare Paese in cui le leggi si scontrano e si elidono. Hanno, inoltre, l’amara certezza che alla fine saranno loro a pagare: o con l’esclusione da servizi che vengono dirottati a soggetti non invitati, o comunque col fardello delle tasse, che picchiano duro, alimentando quella spremitura che gli esperti eufemisticamente chiamano «fiscalità generale». In fondo, i cittadini hanno il torto innegabile di essere «regolari», noti all’anagrafe e al fisco, smarriti in un mondo in cui gli irregolari si muovono con prepotenza, spesso con violenza.

Assistono inermi al degrado di centri storici e periferie e se osano protestare sono iscritti d’ufficio nell’albo dei razzisti. Strano Paese, il nostro, in cui ognuno - anche chi non dovrebbe stare in casa nostra - ha il diritto di esigere tutto e subito. E le regole, i doveri? Si provvederà domani, sempre che non sia una giornata prefestiva o festiva, o semplicemente una giornata no.
da Il Giornale

...che nella prossima legislatura, il centrodestra, o come diavolo si chiamerà, provveda a dare agli elettori esempio di certezza del diritto, di inflessibilità, di rispetto delle regole, di contrasto alla clandestinità.
Fra Rom, Islam, Cinesi, Congolesi, Pigmei ed altro non se ne può più. E ognuno entra pretendendo di dare regole a noi e di farci sottostare alle loro pretese, fino al punto di arrivare ad attentati terroristici.
Stiamo aspettando ....

Anonimo ha detto...

LA SENTENZA - «La Corte costituzionale - si legge nel comunicato della Consulta - ha dichiarato l’illegittimità costituzionale:
a) dell’imposta regionale sulle plusvalenze delle seconde case ad uso turistico, prevista dall’articolo 2 della legge della Regione Sardegna n. 4 del 2006 , sia nel testo previgente che in quello attualmente in vigore;
b) dell’imposta regionale sulle seconde case ad uso turistico, prevista dall’art. 3 della medesima legge regionale, sia nel testo previgente che in quello attualmente in vigore.
La Corte ha altresì dichiarato non fondate le questioni di illegittimità costituzionale riguardanti: a) l’imposta di soggiorno prevista dall’art. 5 della legge regionale n. 2 del 2007;
b) l’imposta regionale sullo scalo turistico degli aeromobili e delle unità da diporto, prevista dall’art. 4 della suddetta legge regionale, sia nel testo previgente che in quello attualmente in vigore.

... E COSI' E' SERVITO SORU CON TUTTA L'AMMINISTRAZIONE REGIONALE ROSSA.

Anonimo ha detto...

Veltroni attacca Prodi: "Sbagliato
non dialogare con l’opposizione"

"Col Paese spaccato una Camera doveva andare alla Cdl. Bisogna aumentare i salari controllando la spesa pubblica senza penalizzare i ricchi. Ai precari minimo mille euro al mese".

... CHE ME FAFA' ARICORDA' 'A STORIELA DE ER CONTADDINO CHE PERSE LI BOVI.
E ALORA SE MISE A CORE.
E 'A GGENTE JE DICCEVA: "MA ANDO' VAI?".
ELLUI TUTO AFANNATO: "CORO ACCHIUDE 'ASTALA!!!"

... ER CONTADDINO SE CHIAMAVA TONIO, NUN SE CHIAMAVA WARTERE. MA LEVATA 'STA DIFERENZA NUN CABIA NNIENTE.
SALUTI
PS
CHE ME ARITORNA IMMENTE PURO 'A FRASE DE QUELLO ALEATTO DE WARTERE CHE DISE "CHE MO' PIANGHENO PURO LI RICHI". MA CHE WARTERE MANCO CHE SE SCOMPOSE.
...'MAZZA, AHO!

Anonimo ha detto...

A Silvio”
Testo e Musica: Andrea Vantini
Si è detto troppo
E anche di più
Si è usata pure la musica contro
Oggi canto anch’io
E dico che
Menomale che Silvio c’è
Non ho interessi politici
E non ho neanche immobili
Ho solo la musica
E penso che
Menomale che Silvio c’è
Ci hanno provato
scrittori e comici
Un gioco perverso
Di chi ha già perso
Presidente questo è per te
Menomale che Silvio c’è
La musica suona senza colori
Ma i riferimenti sono reali
Viva l’Italia
L’Italia che ha scelto
Di crederci un po’ in questo sogno
Per questo dico che
Menomale che Silvio c’è
Per questo dico che
Menomale che Silvio c’è
Canto così
Con quella forza
Che ha solamente
Chi non conta niente
Presidente questo è per te
Menomale che Silvio c’è
Presidente questo è per te
Menomale che Silvio c’è
Viva l’Italia
L’Italia che ha scelto
Di crederci un po’ in questo sogno
Presidente questo è per te
Menomale che Silvio c’è
Viva l’Italia
L’Italia che ha scelto
Di crederci un po’ in questo sogno
Presidente questo è per te
Menomale che Silvio c’è
Viva l’Italia
L’Italia che ha scelto
Di crederci un po’ in questo sogno
Presidente questo è per te
Menomale che Silvio c’è
Presidente questo è per te
Menomale che Silvio c’è