giovedì 26 giugno 2008

Il Csm si ribella a Napolitano, suo presidente e si arroga il diritto di giudicare sulla costituzionalità di una legge. Carlo Panella.

Due membri togati del Csm hanno deciso di dare uno schiaffo al Quirinale e hanno presentato una bozza di risoluzione sulla legge ''blocca processi'' che la boccia in nome della sua presunta anticostituzionalità. Livio Pepino e Fabio Roia citano l'articolo 111 della Costituzione e sostengono che la norma che sospende i processi per reati puniti con meno di dieci anni di reclusione viola il principio della ragionevole durata. Il testo che Pepino e Roia presentano al voto del Csm, parla esplicitamente di ''mancato rispetto del principio della ragionevole durata dei processi'', da cui ''discenderanno crescenti richieste risarcitorie'' in applicazione della legge Pinto. Ma i relatori avvertono anche che la norma ''oltre a ledere in modo assai grave gli interessi e le aspettative delle parti offese, può violare anche diritti dell'imputato''. Inoltre, sempre secondo Pepino e Roia,la norma approvata martedì al Senato nell'ambito del decreto sulla sicurezza farà fermare oltre la metà dei processi in corso. Come si vede i due togati, a nome di una corrente oltranzista della magiustratura, intendono proseguire sulla strada che porta diritto diritto il Csm ad essere una ''Consulta bis'', in palese, grave, aperta violazione della Costituzione stessa che assegna al Csm solo e unicamente compiti organizzativi, amministrativi e disciplinari interni al funzionamento dell'ordinae giudiziario. Nulla più.
Sta ora a Giorgio Napolitano decidere se tollerare che questa violazione della Costituzione da parte di alcuni membri del Csm può essere tollerata o meno. Sta a Napolitano, presidente del Csm, stabilire se è tollerabile che quel documento anticostituzionale, che peraltro condiziona il suo comportamento e le sue prerogative, può essere portato al voto dell'assemblea del Csm o deve essere bloccato. A norma di Costituzione, infatti, il giudizio di costituzionalità o meno di una legge può essere espresso solo e unicamente dal presidente della Repubblica e può essere valutato e giudicato solo ed esclusivamente dalla Corte Costituzionale. Da qui il ruolo eversivo di una dichiarazione di costituzionalità espresso da Pepino e Roia a nome del Csm.
Il gioco è nelle mani di Napolitano che -a norma di Costituzione- non può che imporre che quel testo del Csm non venga posto ai voti.
Se non lo farà, si tornerà ai tempi del peggior Scalfaro e la crisi istituzionale, il conflitto tra governo e Csm diverrà al calor bianco.

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