sabato 9 agosto 2008

Giustizia, riforma Radicale. Dimitri Buffa

Non si tratta più delle solite riforme da libro dei sogni sulla giustizia come la separazione delle carriere, la responsabilità civile personale e non traslata sullo Stato del magistrato per colpa grave (così come era stata introdotta dal referendum del 1984 stravinto sull’onda del caso giudiziario di Enzo Tortora), l’abolizione degli incarichi extra giudiziali per i giudici o la modifica costituzionale sulla obbligatorietà dell’azione penale. No, nella mozione bipartisan presentata dai radicali italiani, prime firmatarie Emma Bonino e Rita Bernardini (il vero cervello di questa operazione politica) nel capoverso dedicato alla eventuale abolizione della obbligatorietà dell’azione penale è contenuto qualcosa di più: “un procedimento che veda la partecipazione dei pubblici ministeri e di altri soggetti istituzionali, che individui un soggetto istituzionale politicamente responsabile di fronte al Parlamento per la loro effettiva ed uniforme implementazione a livello operativo”. E questo potrebbe significare una forma di vera e propria sottoposizione dell’operato dei pm al vaglio parlamentare, se l’italiano non è un’opinione.

Di più, in un paragrafo in cui si parla sia dell’obbligatorietà dell’azione penale sia della “vexata quaestio” della responsabilità civile dei magistrati (vanificata con uno spostamento dell’obbligo patrimoniale risarcitorio in capo allo stato dalla legge Vassalli che Craxi regalò ai magistrati illudendosi di comprarsene la benevolenza) si aggiunge che sarebbe auspicabile “la responsabilizzazione del pubblico ministero per l’osservanza delle priorità fissate ed al contempo la creazione di meccanismi atti ad evitare che chi è politicamente responsabile per la implementazione delle politiche pubbliche nel settore criminale possa indebitamente condizionare, su singoli casi, l’attività del pubblico ministero deviandolo dal rispetto delle priorità prefissate”. In pratica, il governo decide e il Parlamento approva ogni anno le priorità dell’azione penale e il pm ci si deve conformare, sia pure senza venire condizionato impropriamente. Se non è la sottoposizione dell’azione penale all’esecutivo (cosa peraltro per niente disdicevole e anzi praticata in mezzo mondo) poco ci manca.

Se si guarda alle firme bipartisan della mozione radicale, che contiene anche gli ovvi richiami ai temi referendari da loro proposti per anni (incarichi extra giudiziali dei magistrati, riforma del sistema elettorale del Csm, vagli anche di professionalità nella carriera per tutti i giudici, perentorietà dei termini processuali per tutti e non solo per le difese degli imputati, riduzione della carcerazione preventiva ecc.) non si possono non notare le firme degli esponenti dell’attuale opposizione, segnatamente del Pd, cui peraltro la componente radicale almeno formalmente appartiene: da Silvio Sircana a Cesare Marini, da Luciana Sbarbati a Franca Chiaromonte. E siamo solo all’inizio della raccolta di firme bipartisan che nella maggioranza è stata recepita da parlamentari come Benedetto Della Vedova, Giancarlo Lehner, Lamberto Dini, Enzo Raisi, Giorgio Stracquadanio, Amedeo Laboccetta, Antonio Paravia e svariati altri parlamentari del Pdl. A tutti questi si aggiungono ovviamente i parlamentari radicali (Turco, Poretti, Farina Coscioni, Beltrandi, Mecacci, Zamparutti, Bernardini) e la senatrice Emma Bonino. Senza considerare che sul tema della giustizia Berlusconi vuole andare fino in fondo senza “se” e senza “ma”: le parole l’altro giorno di Tremonti (“ci stiamo lavorando”) lasciano intendere che a settembre la questione verrà presa di petto.

E nei giorni prossimi si attendono le firme di tanti altri riformisti del Pd su cui i radicali stanno facendo il solito discreto pressing. Che sia veramente finito l’idillio tra i post comunisti e la magistratura? Se le riforme bipartisan che si dovessero fare nella sedicesima legislatura dovessero essere quelle proposte dai pannelliani in parlamento (da sempre esperti nel creare imbarazzo e contraddizioni con la parte politica con cui si alleano contingentemente) in materia di giustizia, la risposta non potrebbe che essere positiva. (l'Opinione)

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