giovedì 28 agosto 2008

Mettete un burqa ai politicamente corretti. Maria Giovanna Maglie

Non è straordinario ascoltare la battuta tranchant con la quale il sindaco di Venezia, Massimo Cacciari, ha creduto di giudicare la vicenda del burqa? Ha detto che nei musei veneziani tutti entrano vestiti come vogliono, basta che si vedano gli occhi. Pensa ancora che gli occhi siano lo specchio dell'anima, coltiva ancora la splendida certezza, insieme al suo direttore dei Musei civici, che gli usi e costumi altrui, anche quando sono patentemente illegali, anche quando mettono in serio pericolo la nostra sicurezza, vadano rispettati fino a che morte non sopraggiunga. In questo Oriana Fallaci è stata profeta fulminante, immaginando un'Italia di pecoroni, propaggine più debole di un'Europa sbrindellata, dedita a costruire moschee, accettare integralisti, lasciare le donne immigrate in segregazione, permettere circoncisioni ed infibulazioni caserecce, insomma pronta a svendersi.

Leggerete che la cronista del Giornale, capo e testa velati, è entrata ed uscita senza problemi da qualunque luogo pubblico, quando invece una legge del nostro Stato lo proibisce. L'altro cronista, che indossava un casco integrale da motocicletta, non è andato da nessuna parte. Giustamente, dico io, perché in faccia bisogna pur farsi guardare, e c'è la faccia sui nostri documenti. Ma il burqa, allora, perché dovrebbe per forza rappresentare la riservatezza di una donna inerme e disarmata, e perché dovrebbe essere indossato volontariamente, non a causa di un odioso obbligo? Soprattutto, perché dobbiamo essere noi, Paese occidentale e sedicente emancipato, ad accettare, a sopportare questa indecenza?

La sola idea che a qualcuno sia passato per la testa, chiamiamola così, di licenziare il custode che seguiva le disposizioni e rispettava le nostre leggi, mi ripugna. Diciamo che è stato l'eccesso di zelo dei dirigenti politically correct che affliggono le nostre istituzioni e tarlano le nostre opere d'arte. Diciamo che oggi, al massimo domani, lo giudicheremo uno scherzo. Se così non accadrà, sarà bene che i ministri del nostro governo armino un grande casino, di quelli che fanno rumore e che si ricordano. Non siamo più nell'era Prodi. O no?
Resta la dolorosa sensazione, forse la certezza, che il razzismo, odiosa idea e pratica, si sia capovolto, e cammini all'indietro e a testa in giù. Pensate che mascalzone quel custode, che voleva sapere chi ci fosse dietro quel velo, magari preoccupandosi delle ricchezze che custodisce. Pensate a quella povera famiglia, i maschi davanti, magari in jeans e maglietta, perché in laguna fa un caldo tremendo, le femmine dietro, abiti neri, chiusi dalla testa ai piedi, testa schiacciata sotto un tessuto altrettanto pesante, e per finire in bellezza, il volto interamente velato, che non si è potuta godere la sua visitina al museo.

I pochi Paesi liberali dell'Islam vivono vita grama, circondati come sono da pescecani come l'Iran e la Siria, da altri che tengono furbescamente il piede in due scarpe, come l'Arabia Saudita. Il re del Marocco, diretto discendente di Maometto, ha chiuso tutte le moschee sospette di terrorismo, ha proibito la preghiera durante le ore di lavoro, ha tolto il velo alle dipendenti pubbliche, e, nella speranza di cambiare ignoranza e pregiudizi, ha cambiato le foto e le immagini femminili anche dai libri di scuola. Conta naturalmente sull'appoggio dell'Occidente per non fare una brutta fine.
Noi no, siamo troppo occupati a scusarci con coloro che ci frequentano senza rispettarci. Il burqa io lo farei portare al sindaco Cacciari e al suo compare direttore dei Musei civici. Basta un giorno, forse capiscono. (il Giornale)

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Che aggiungere? La situazione è purtroppo questa ed i nostri buonisti meriterebbero davvero l'islamizzazione dell'Italia: allora capirebbero l'errore fatto, ma sarebbe troppo tardi. Dopo oltre 15 anni di frequentazione di paesi musulmani per motivi di lavoro, sono anni che dico ad amici e conoscenti che ci stiamo infilando in una fornace senza ritorno, ma vengo definito, quando va bene, razzista e nazionalista.

maurom ha detto...

Anche il tuo contributo di testimone sul campo è importante.
Noi non molleremo: l'informazione è fondamentale strumento di democrazia.

Anonimo ha detto...

Anche se fuori tema rispetto a questo post mi permetto di segnalare questo pezzo su giovani e scuola

http://pessanoconbornago.myblog.it/archive/2008/08/23/senza-valori-non-c-e-futuro.html

cordiali saluti

Anonimo ha detto...

28 agosto, 2008 16:28

Meriterebbero?
Se la sono già guadagnata e meritata.
Ormai siamo nell'Italistan, in seno all'Eurabia.
Siamo sottomessi alla grande. E in in futuro imminente conquistati e colonizzati.
Nei loro Paesi dove il buonismo non è di moda ci si comporta come vogliono loro, sia nel vestire, sia nel parlare. E guai a chi sgarra.
Le donne non sono pericolose? Mai sentito parlare di "donne kamikaze"?
OSSERVAZIONE - I leghisti che sono come il cane ceh abbaia e non morde, perché non mandano 50 o 100 donne velate al giorno nei musei?
Perché Maroni non detta leggi ipù restriitive e più repressive?
... Dimenticavo che questo è il Pese della cuccagna, nella stessa provincia del Paese dei baocchi, vicino a Disneyland. ... Favurite, favurite! Trasite tutti quanti!
Chisto è 'o paese d''o sole!

Anonimo ha detto...

QUELLI CHE VENGONO A PORTARCI LA "CIVILTA'" ovvero
LA NUOVA SOCIETA' MULTIPLURIETNICOCULTURALE

ovvero
le CONTRADDIZIONI DEL "BUONISMO" AD OGNI COSTO
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Sospettato il fratello di un ministro provinciale del Baluchistan.
Pakistan, spose «ribelli» sepolte vive
La tribù non approvava la scelta dei mariti. Tra le 5 vittime due teenager


Donne in Pakistan
Sepolte vive il giorno delle nozze in Baluchistan, un giorno infuocato d'estate. Che bel nome, Baluchistan. Anche Mir Wah, il villaggio dove vivevano le ragazze, suona propizio (wah vuol dire acqua) per gli abitanti della più grande provincia pachistana modellata da deserti e montagne. In uno spicchio di mondo nascosto a Google Earth e ai diritti dell'individuo, tre studentesse avevano deciso di sposarsi e di scegliersi un marito contro la volontà della tribù, il potente clan degli Umrani.

Fauzia aveva 18 anni, un'amica 17, la più piccola 16. Quando sono arrivati i sette killer sul gippone con targa governativa, erano in una casa del villaggio di Baba Kot con una mamma e una zia (Fatima Umrani 45 anni, Jannat Bibi 38). Si preparavano a partire. Andavano a nozze. Le loro. Appuntamento in città, Usta Mohammad. Rito civile, cerimonia quasi clandestina. Fatima e le amiche teenager volevano sposare i ragazzi che amavano. Avevano chiesto il permesso alla jirga, l'assemblea degli anziani. Che aveva detto no. La punizione prima degli anelli. A guidare lo squadrone della morte — secondo le testimonianze raccolte da Asian Human Rights Commission (Ahrc) — Abdul Sattar Umrani, fratello del ministro delle Case del Baluchistan: Sadik Umrani, membro del Partito Popolare guidato dal vedovo di Benazir Bhutto, Asif Ali Zardari, che sabato a Islamabad potrebbe essere eletto Presidente dal Parlamento e dalle quattro Assemblee Provinciali.

Proprio ieri l'Assemblea del Baluchistan ha dato il suo prezioso appoggio a Zardari. Proprio ieri il ministro degli Interni di Islamabad ha detto di aver ordinato un'inchiesta che «nel giro di una settimana» faccia luce sulla morte delle spose di Mir Wah. Un'inchiesta che in sei settimane non era mai partita, indovinate perché. Il Pakistan balla sul burrone di una crisi mortale, i talebani alzano la testa, i cosiddetti «omicidi d'onore» (donne e uomini uccisi per adulterio, relazioni fuori dal matrimonio etc) sono faccenda quotidiana (mille all'anno) e quindi «non notizie». La prima denuncia sulle cinque donne sepolte vive, lanciata dalla Commissione asiatica per i diritti umani, è dell'11 agosto. Ma la polizia locale era riuscita ad insabbiare il caso (Umrani famiglia potente, il fratello del ministro, il partito Popolare). Ma poi pochi giorni fa Israr Ullah Zehri, senatore che rappresenta il Baluchistan, ha voluto esagerare: in Parlamento a Islamabad ha replicato alle denunce di alcune colleghe dicendo che la fine delle cinque donne di Mir Wah rientra nelle «legittime tradizioni secolari del Paese». Vergogna? «Solo chi indulge in comportamenti immorali — ha tuonato il senatore — dovrebbe avere paura». Molti parlamentari sono insorti gridando contro «questa barbarie», ma altri hanno detto che si tratta di «questioni interne al Baluchistan». Che nome luminoso, Baluchistan.

Luminoso e lontano. Eccole, le «questioni interne»: il fratello del ministro Umrani e i suoi sgherri portano le tre spose in una località desertica, Nau Abadi. Le picchiano, prima di fare fuoco. Sono ancora vive quando le gettano in una buca. La mamma e la zia dietro ai finestrini assistono alla sepoltura delle ragazze agonizzanti. Terra e pietre. Fatima e Bibi urlano ai killer-becchini di fermarsi. Quelli si indispettiscono e sotterrano pure loro. Come ha raccolto queste notizie la Asian Human Rights Commission? Non è difficile ricostruire i fatti, in un posto in cui i «delitti d'onore» sono un lavoretto «normale» di cui andar fieri. La polizia locale ieri ha annunciato l'arresto di cinque familiari delle vittime: «Li stiamo interrogando — ha detto un funzionario — per farci dire dove sono i corpi». Eh già. Almeno quello. Tre anni fa il fratello del ministro Umrani era stato coinvolto in un altro delitto. Un insegnante di scuola era passato a prendere in taxi la fidanzata. Anche loro andavano a sposarsi con rito civile. Un'auto li aveva bloccati e uccisi. Tutti e tre, compreso il tassista. Il primo sospettato, il fratello del ministro, l'aveva fatta franca.

Michele Farina
03 settembre 2008

DAL CORRIERE DELLA SERA

Anonimo ha detto...

Il burqa io lo farei portare al sindaco Cacciari e al suo compare direttore dei Musei civici. Basta un giorno, forse capiscono.

CONDIVIDO!!!!!!
Sottolineo soltanto che hanno già capito, ma fanno finta di non capire. OK?

Anonimo ha detto...

Si, probabilmente lo e