martedì 30 settembre 2008

La pretesa di avere sempre ragione. Marco Bertoncini

Sembra che se ne accorgano. Era ora. A sinistra alcuni cominciano a riflettere sui motivi della sconfitta subita alle politiche e, in genere, sui limiti del comportamento, umano ancor prima che pubblico, di dirigenti, intellettuali, opinionisti che sostengono il centro-sinistra. Le definizioni, in termini di autocritica, possono essere varie: spocchia, autoreferenzialità, supponenza, moralismo, arroganza mentale. La sostanza è la medesima: l’autocollocazione del centro-sinistra in un elevato eden, dal quale giudicare con affettazione tutti coloro che la pensino diversamente, bollati come ignoranti, materialisti, egoisti, reazionari, incapaci, e sotto sotto perfino imbecilli. Luca Ricolfi, ad esempio, in un saggio significativamente intitolato “Perché le sinistre hanno perso”, è giunto perfino a irridere taluni usi linguistici (come “loft” per indicare la prima sede del Pd e “caminetti” le riunioni dei potentati democratici), perché sintomo dell’incomprensione nei confronti dell’odio provato dalla gente comune verso i simboli del potere romano. Giuseppe Provenzano, su l’Unità, ha riconosciuto gli errori, non solo di linguaggio stereotipato, commessi dalla sinistra nel comunicare con i cittadini. Sono primi passi, sintomo del bisogno di esaminarsi con freddezza che nel centro-sinistra si avverte. Intanto, però, procedono le articolesse domenicali di fondatori e commentatrici, che non riescono ad azzeccare una previsione, ma nello stesso tempo impartiscono lezioni di morale, prima ancora che di politica, all’universo mondo. Intanto, però, si continua ad avvertire quel sapore salottiero, radical chic, da erre moscia, che inonda i giornali provenendo dalla sedicente alta cultura, da decenni intrisa di sinistrismo. Intanto, però, i tentativi di riformismo cozzano contro le tenaci adesioni al passato, si chiami mito di Togliatti o eurocomunismo o antifascismo (in questo caso con arrivi fuori tempo massimo dalle opposte sponde).

Intanto, però, dai costituzionalisti di sinistra, con riecheggiamenti sul più alto colle, si insiste sull’immodificabilità evangelica della prima parte della nostra costituzione, esaltando un “patriottismo costituzionale” che perpetua l’orrido compromesso denso di sovietismi della nostra carta. Chi si avvede, nel centro-sinistra, della necessità di superare una chiusura aristocratica nella compiaciuta esternazione di sé e del proprio passato, cozza contro l’ottusa e diffusa mentalità dominante, ben espressa dai numerosi predicatori professionali dell’etica pubblica. E’ la pretesa di aver sempre e in ogni caso ragione, di averla avuta anche quando la storia ha dimostrato il contrario, di averla pure contro la realtà odierna, e di detenerla per il futuro, un futuro che nessuno di noi conosce, ma che a sinistra si è adesso preteso perfino di fissare come data ultima. (l'Opinione)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

leggere l'intero blog, pretty good

Anonimo ha detto...

good start