lunedì 12 ottobre 2009

Lunga vita a Gadolinio Berlusconi. Affari Italiani

Avete presente il liquido di contrasto, ossia quella sostanza che ci viene iniettata nei tessuti a fini diagnostici con l'effetto straordinario di riprodurre immagini nitidissime degli organi interni del nostro corpo? Come il Gadolinio, ad esempio, il più diffuso, usato nella risonanza magnetica. Iniettato per via endovenosa, entra nei tessuti e grazie alla sua natura paramagnetica restituisce al medico un'alta intensità di segnale e dunque una straordinaria visibilità con una ben maggiore capacità di lettura e discernimento. Ecco, il Gadolinio sta al nostro organismo come Silvio Berlusconi sta all'Italia. Il Cavaliere di Arcore opera come un liquido di contrasto nel corpaccione malato della Repubblica italiana. Iniettato nei gangli sia centrali che periferici dello Stato e della società, ne schiarisce le zone d'ombra accentuandone la leggibilità. Solo il tempo consentirà di valutare con serenità, in sede storica, il bilancio complessivo, i pro e i contro, della discesa in campo di Silvio Berlusconi. Ma sin da ora si può tranquillamente affermare, senza essere di parte, che con la sua azione di liquido di contrasto accentua fortemente la leggibilità del sistema consentendo di cogliere i fenomeni meno evidenti, più intimi e nascosti, più surrettizzi e, come dicono i medici, più subdoli.

Che sia il Quirinale o la Corte Costituzionale, la magistratura o il sindacato, i giornali o le banche, la stampa estera o i salotti culturali e finanziari, le agenzie di rating o gli enti di ricerca economica, il Vaticano o la Cei, il G8 (0 G2 o G20) o i vertici internazionali, la Ue o il Parlamento di Strasburgo, Berlusconi è il Gadolinio della politica, dell'economia, della società. Una volta venuto a contatto con questo o quell'organo, ne rivela meglio la reale funzionalità, le connessioni e le sinapsi, le patologie, le disfunzioni. E allora lo ribattezziamo Gadolinio Berlusconi. E gli auguriamo lunga vita. Perché il Gadolinio è neutro, è adatto a tutti i soggetti, svolge la sua funzione fondamentale e poi va via con la pipì, al massimo suscita qualche allergia e solo in pochissimi casi la morte del paziente. In compenso aiuta a capire, a farsi un'idea esatta, a scorgere le patologie, a cogliere meglio la verità delle diverse situazioni. Per assumere poi meglio, con maggiore cognizione di causa e con la massima libertà, le giuste diagnosi e le libere terapie.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Se la sinistra insulta il Colle nessuno grida allo scandalo
di Redazione

Negli anni ’70 la stampa rossa e il Pci lanciarono una crociata contro Leone che si dovette dimettere. Poi è toccato a Cossiga. E nemmeno la Dc li difese
RomaE va bene che lo han fatto santo subito, a furor di popolo democrat, ma è mai possibile che non si possa più dir nulla sul presidente Giorgio Napolitano, non dico sparargli a pallettoni (nel senso metaforico, s’intende) ma nemmeno pronunciarne il nome invano, senza rischiare l’anatema e il rogo degli eretici? Un muro di turiboli e altari s’è improvvisamente innalzato a sinistra ma anche da bastioni di destra, per proteggere non solo dalle critiche ma persino dalle crude notizie e finanche dagli sbuffi che salgono dal basso. Evviva la sacralità delle istituzioni, democratiche ovviamente, ma vi pare che se un giornalista s’azzarda a scrivere dei passi più o meno falsi e più o meno vellutati compiuti sul Colle, scattino le accuse di sacrilegio, attentato alla democrazia e regicidio? Passi per i politici e anche per il premier che corrono i rischi del loro mestiere, ma in barba alla libertà di stampa i defensor fidei son pronti alla crociata. Sinistra in prima fila, come le tricoteuses sotto la ghigliottina. Ma solo questo capo dello Stato è santo, sacro e intoccabile. Perché lor signori hanno già dimenticato quante ne han dette e fatte all’indirizzo di Francesco Cossiga o di Giovanni Leone.
Di certo è bizzarra, se non inquietante, questa levata di scudi e di sepolcri imbiancati impegnata a lapidare chiunque osi aprir bocca, più ancora che a difendere l’onore di Napolitano. Perfino Tonino Di Pietro s’è scoperto senza peccato e ora invoca «basta critiche», lui che sferzava il Colle con accuse di viltà e silenzi mafiosi. Non c’è più pudore signora mia, e va bene che Sant’Antonio Abate secondo la tradizione popolare s’era innamorato del porcello che nelle icone gli sta sempre al fianco, ma questa sinistra nostrana non potrebbe essere più cauta negli innamoramenti e nelle canonizzazioni, o almeno più sobria nello scatenar la caccia alle streghe? Nemmeno se su questo giornale qualcuno avesse scritto che Giorgio Napolitano ha chiesto scusa con troppi anni di ritardo, per aver benedetto nel 1956 i carri armati sovietici in Ungheria. O che non ha ancora ammesso l’errore di aver strenuamente lottato contro l’installazione degli euromissili a Comiso vent’anni fa.
Che cosa sia stato scritto di così offensivo e dissacrante sul Quirinale in questi giorni, lo sanno solo Di Pietro e Rosy Bindi. Ma certo è da far rivoltare nella tomba Giovanni Leone, costretto a dimettersi come un ladro, su richiesta esplicita del Pci non ancora Pds, Ds, Pd, nel giugno 1978

Anonimo ha detto...

. Lo stavano massacrando da tre anni, anche allora l’Espresso e l’Unità andavano come carri armati, Camilla Cederna che guidava la campagna era venerata come la pulzella d’Orleans. Usciva di tutto, contro quel grande e mite avvocato. Non solo che era lui l’Antelope Cobbler che aveva intascato le tangenti della Lockheed, cosa che poi si rivelò del tutto infondata, ma pure dossier dei servizi segreti sulla moglie. Per non dire dei figli, descritti come dissipatori e gaudenti, rampolli che avevano trasformato il Quirinale in un palazzo di festini e bagordi. Un mare di menzogne e di infamie che ha distrutto un uomo e la sua famiglia. Il suo partito, la Dc, non lo difese e non gli diede nemmeno la possibilità di difendersi. Furono i figli a querelare la Cederna, che fu infine condannata. Troppo tardi per Leone, però. L’onore glielo hanno ridato il 3 novembre del ’98, quando compiva i 90 anni, in una solenne cerimonia a Palazzo Giustiniani. Pannella e la Bonino gli chiesero pubblicamente scusa, per gli attacchi di vent’anni prima. Il Pci non c’era più, come la Cederna, morta un anno prima. Ma non risulta che l’Espresso e l’Unità abbiano fatto ammenda.
E Cossiga, vogliamo dimenticare Cossiga? Ma se lo volevano addirittura processare in Parlamento! Agli atti c’è ancora il dossier con tutte le «denunce» a sua carico, presentate in prima fila dagli onorevoli Nando Dalla Chiesa, Sergio Garavini e Ugo Pecchioli. E indovinate da chi è firmata la proposta di messa in stato di accusa «per attentato alla Costituzione» presentata il 28 gennaio 1992? Dal deputato Anna Finocchiaro Fidelbo. Sinistra Dc e Pci/Pds davano al presidente Cossiga del «bugiardo» perché difendeva Gladio, «infame» perché non copriva le colpe di Togliatti sui nostri imprigionati in Russia, «demagogo» perché parlava, e «da affidare a cure psichiatriche» perché non obbediva. Altro, che santo subito.

Anonimo ha detto...

Napolitano scrive, Feltri risponde
di Vittorio Feltri

Il Quirinale diffonde una nota per precisare il suo ruolo nella vicenda che ha portato alla bocciatura del Lodo Alfano Ma la verità non cambia: il presidente non è stato ascoltato dalla Corte Costituzionale. E questa è per lui una sconfitta
Caro Presidente, non era e non è mia intenzione giocare con le parole. Nel mio articolo di ricostruzione dei fatti, non ho accennato a «patti stipulati» come invece si legge nel suo comunicato di risposta. Ho scritto una cosa molto diversa: «patto fra gentiluomini». Che non significa contratto con tanto di firme e timbri, bensì accordo fra persone perbene che non ha bisogno dei crismi dell’ufficialità. E proprio di questo si è trattato. Lo si evince anche dalle ultime quattro righe del suo stesso comunicato: «La collaborazione fra gli uffici della Presidenza e dei Ministri competenti è parte di una prassi da lungo tempo consolidata di semplice consultazione e leale cooperazione...».
(...)

Anonimo ha detto...

da il Tempo

Dai gironi infernali di piccoli appartamenti di periferia. Voci spezzate dalla paura. Voci che dopo aver trovato il coraggio di comporre il numero dell'Acmid hanno avuto un'altra chance di vita. Fatma che viene dal Sudan, sfuggita più volte alla morte. Sposa bambina ritrova la vita quando la guerra le uccide il marito-padrone e fugge in Italia dove però trova un altro sposo aguzzino. La storia di Amina che vive a Torino e chiama disperata perché il marito la picchia e sempre più violentemente dopo che l'ha costretta ad accettare una seconda moglie più giovane. Amina finisce in ospedale e gli operatori sanitari hanno chiamato il numero verde dell'Acmid. Il marito viene arrestato ma lui si difende: «Sono donne mie, ne faccio quello che voglio». Samira invece «è troppo occidentale» così il marito la tiene legata a casa e la violenta. I vicini avviseranno i carabinieri e lei ora vive in un'abitazione protetta. Mounia voleva essere libera di integrarsi. Ha rifiutato l'imposizione del velo e il padre l'ha picchiata per giorni finchè una sera l'ha trascinata in un bar e l'ha esposta al pubblico ludibrio. E ancora Fatima che a Trento vive sotto falso nome dopo essere sfuggita al marito che la seviziava. Dopo il processo il marito è tornato libero e lei ha dovuto nascondersi. Storie di sopravvissute che hanno trovato il coraggio di ribellarsi. Ma ci sono tante altre storie senza lieto fine e che non arrrivano sui giornali. È il caso di Bouchra, 24 anni, uccisa a Verona, a coltellate, dal marito perché si rifiutava di portare il velo e viveva da occidentale, come faceva già in Marocco; Kabira, 28 anni, accoltellata a morte dal marito. Esibiva abiti occidentali e offendeva l'Islam; Darin Omar, uccisa dal marito perché si era fatta «scandalosamente» assumere in un call-center; Amal, 26 anni, investita dal marito perché voleva recarsi dal parrucchiere; Sobia, avvelenata dai familiari, perché non si dimostrava sufficientemente sottomessa. Mau.Pic.

Anonimo ha detto...

Insospettabile, o quasi, ingegnere di 34 anni, libico, due figli avuti da un’italiana: è lui l’uomo che ieri mattina ha assaltato con un ordigno la Caserma dell’Esercito Santa Barbara a Milano. Bloccato all’ingresso, il terrorista decide di passare all’azione, ma la bomba esplode solo in parte: l’attentatore perde gli occhi e una mano. Un caporale ferito allo zigomo.

Anonimo ha detto...

Forse un "lupo solitario". Di sicuro, quello compiuto da Mohammed Game è il primo attentato esplosivo potenzialmente suicida in Italia, il primo in assoluto contro una caserma dell'Esercito. Quello portato a conclusione a Milano, fortunatamente solo in parte, è un gesto che lascia molti interrogativi a cominciare dalla reale valenza terroristica per la sua possibile matrice jihadista. Le forze italiane attaccate lamentano solo il ferimento, leggero, di un caporale colpito allo zigomo destro. Ben più grave il quadro clinico dell'ingegnere libico che ha perso gli occhi e una mano in seguito all'esplosione, probabilmente accelerata rispetto ai tempi previsti.

Anonimo ha detto...

Tutto ha avuto luogo alle 7,40 in punto quando i soldati di guardia alla caserma Santa Barbara hanno aperto la porta carraia che dà sul piazzale per far entrare uno dei tanti militari che, in auto, prendono servizio a quell'ora. Nemmeno il tempo di avvicinarsi al mezzo per la consueta identificazione del passeggero che, tra l'auto e il muro del portone in cemento armato, spunta un uomo, con in mano una borsa metallica porta attrezzi. Lo sconosciuto cerca di farsi avanti, i militari del «polmone» di sicurezza (lo spazio tra il cancello e un secondo sbarramento protetto, guardato a vista dal corpo di guardia) lo vedono, intimano «Alt!» e immediatamente alzano i mitra.

L'uomo si ferma, tentenna, farnetica qualcosa in arabo e immediatamente dopo aziona l'ordigno: un boato fragoroso, avvertito anche tra i caseggiati della zona, il quartiere Primaticcio, nella zona Ovest di Milano. Più tardi il procuratore aggiunto e coordinatore del pool anti-terrorismo, Armando Spataro, spiegherà: «Nessuna frase allusiva all'Afghanistan e nessuna parola intelligibile».

I soldati sobbalzano all'indietro, e dopo i primi secondi di choc, dissolta la nuvola di fumo bianco, vedono l'uomo a terra, con il volto insanguinato, gli occhi e la mano destra gravemente lesionati dall'esplosione del rudimentale ordigno che ben altri danni avrebbe potuto provocare se si fosse completamente innescato. Viene allertato il 118, sono le 7,45: l'unico militare ferito lievemente allo zigomo destro è un caporale di guardia, Guido la Veneziana, 20 anni, originario di Brindisi, che serve nella quarta compagnia del battaglione «Sempione», inserito nel 1° Reggimento Trasmissioni di stanza nella caserma.

Tra l'altro, è proprio in questa struttura che viene coordinata l'operazione strade sicure a livello locale. Ed è sempre da questa caserma che una compagnia del 1° Reggimento, un centinaio di uomini, è recentemente partita per l'Afghanistan. Subito convergono tre ambulanze, vigili del fuoco, polizia e carabinieri. L'attentatore viene soccorso e portato in codice rosso all' ospedale Fatebenefratelli, dove viene sottoposto a un'operazione chirurgica che non riesce, però, a salvargli la mano e gli occhi. La prognosi è riservata.

In tasca l'uomo ha i documenti: è Mohamed Game, 34 anni, laurea in ingegneria, da tre in Italia, residente a meno di un chilometro a piedi dal luogo dell'attentato. Da una donna italiana ha avuto due figli e poi ha ottenuto il permesso di soggiorno. Il caporale, che ha riportato solo una piccola escoriazione per un sasso scagliato dall'esplosione, viene medicato all'interno della caserma. Alcuni commilitoni lo raggiungono, lo abbracciano: lui ha lo sguardo scosso. Chissà quante volte avrà temuto per i suoi commilitoni che si trovano in Afghanistan. Invece è rimasto ferito lui, nella prima azione contro i militari in Italia. Azione per la quale Mohamed, piantonanto in ospedale, è stato arrestato in flagranza con le accuse di detenzione, porto abusivo e fabbricazione di esplosivi e denunciato per strage.

... auguri e figli maschi per tutti quelli che un giorno, non lontano, cadranno vittime di certi attentati.
Ma sono fenomeni marginali!
Davvero?
Supponiamo ... , su qualche milione di islamici una piccola percentuale, mettiamo mille, entra nel giro di attentatori. Ogni attentatore provoca 100 vittime. OK?
100 x 1000 = 1.ooo.ooo di vittime innocenti, alla barba dell'accoglienza e di tutte le cazzate che si vanno a racconatere in merito.
Domanda: saresti sempre disponibile all'accoglienza a porte spalancate, se a pagare fosse un tuo figlio, o un tuo fratello, o la madre dei tuoi figli che rimarrebbero orfani. E se la vittima fossi tu stesso, padre di famiglia, dopo, chi ci penserebbe a tirare avanti la baracca?
E' questo il prezzo che dobbiamo pagare per l'accoglienza buonista a porte spalancate?

Anonimo ha detto...

Napolitano scrive, Feltri risponde
di Vittorio Feltri


"Caro Presidente,

non era e non è mia intenzione giocare con le parole. Nel mio articolo di ricostruzione dei fatti, non ho accennato a «patti stipulati» come invece si legge nel suo comunicato di risposta. Ho scritto una cosa molto diversa: «patto fra gentiluomini». Che non significa contratto con tanto di firme e timbri, bensì accordo fra persone perbene che non ha bisogno dei crismi dell’ufficialità".

Il direttore de Il Giornale si spinge più in là ed arriva a dare nome e cognome al "negoziatore". "Nel caso specifico è stata una cooperazione molto intensa, tanto è vero che alla stesura del testo ha partecipato attivamente il suo consigliere giuridico Loris D’Ambrosio, già capo di gabinetto del ministro Diliberto (Grazia e giustizia), il quale non penso abbia agito senza informarla su quanto andava facendo per rendere approvabile il Lodo".

"D’altronde codesta Presidenza ha accompagnato la legge con una nota in cui si rammentava che il provvedimento teneva conto delle osservazioni e delle correzioni suggerite dalla Consulta. E ciò nella sostanza confermava la volontà del Quirinale di predisporre la «pratica» affinché non incontrasse ostacoli per l’approvazione dei giudici, senza per questo violare l’indipendenza della Corte. La quale in effetti ha preso una decisione contraria rispetto alle attese di chi aveva cooperato alla stesura della norma, cioè il ministro Alfano e il Quirinale che avevano lavorato - ripeto - di concerto.

A questo punto non è difficile concludere che la Consulta non ha accolto il parere della Presidenza, e che il governo - dopo aver collaborato invano con la più alta istituzione allo scopo di non avere brutte sorprese - è rimasto col cerino in mano.

Gli sconfitti dunque sono due: il Premier e lei, Presidente".