giovedì 19 novembre 2009

Quando Pannella urlava al "golpe giudiziario". Massimiliano Parente

Immaginate se Silvio Berlusconi dicesse non che i magistrati sono comunisti, o ideologici, ma che sono una casta di «privilegiati, banda di sovversivi, con il linguaggio rivoluzionista delle borghesie estremiste, militanti dei cazzi vostri, nemici del diritto, della legge, della Costituzione». E se aggiungesse «i pm hanno fatto più danni del Duce»?
Sarebbe fascista? Un dittatore? O starebbe solo citando le parole di Marco Pannella di qualche anno fa? Nel 1994 Pannella affermava: «Denunciai in un discorso alla Camera del 1991 il pericolo che gli avvisi diventassero formidabili armi sovversive, usate in primo luogo contro il capo dello Stato e il capo del governo». Era inoltre «urgentissimo passare a riforme che tutelino le masse dei singoli magistrati capaci e onesti dai magistrati politici. E di questi ultimi ve ne sono ovunque, al Csm soprattutto...». Il Csm soprattutto? Non sarà per caso lo stesso Csm che ha premiato, con un tempismo ovviamente del tutto «casuale», il giudice Mesiano, dopo la condanna in primo grado inflitta a Berlusconi per il Lodo Mondadori? È curioso perché oggi, spesso, quelli di sinistra dicono cose di destra solo perché le dici tu che non sei di destra ma neppure di sinistra, piuttosto perché non sposi l’antiberlusconismo obbligatorio in chi nel cervello ha solo l’ossessione di Berlusconi. Molti mi chiedono «ma tu non eri radicale?». Rispondo «sono i radicali a non esserlo più, ora sono solo parentiano». E però sì, dove sono finiti i miei amici radicali, quelli che ho votato da sempre, perfino quando si sono intruppati con Romano Prodi (ma poco tempo prima Marco dichiarava «se vince la sinistra di Prodi fuggirò dall’Italia»), e votandoli speravo fossero una spina idealistica nel fianco nel Pd? E la Corte costituzionale, oggi intoccabile e sacra, me la ricordo eccome, definita dal leader radicale «la grande cupola della mafiosità partitocratica», i cui giudici erano «un gruppo di fuoco per cercare di salvare fino in fondo il regime e le sue nequizie».
Se lo dicesse Berlusconi, oggi che la Corte costituzionale sembra il Fronte di liberazione nazionale, sarebbe il regime o un rivoluzionario contro il regime? Qualcuno, quelli che leggono solo la Repubblica o Il Fatto, e quindi ogni giorno leggono sempre le stesse cose, obietterà che Berlusconi deve salvarsi dai suoi processi, gli stessi processi che, tuttavia, erano l’arma sovversiva di una «masnada di procuratori» quando i pannelliani si allearono con Silvio, in nome, tra l’altro, del presidenzialismo e dell’antigiustizialismo, e contro i poteri forti, da cui Berlusconi era stritolato. È sempre lo stesso scontro, sempre gli stessi magistrati, sempre lo stesso Berlusconi. Com’è possibile che oggi, proprio su quei temi, Berlusconi incarni «un folle, criminoso, disegno eversivo da generale Pinochet»? Cos’è cambiato? Com’è possibile che Pannella si ritrovi a genuflettersi a un Beppe Grillo qualsiasi? E però, una volta scelta la strada della dissoluzione nel Pd, nella scorsa legislatura, hanno forse fatto fuoco e fiamme per far passare almeno uno straccetto di unione civile etero-omo-trans? Macché. Neppure sulla legge 40, né sul testamento biologico, e Emma era perfino un ministro molto invitato in televisione e ad Annozero, ora forse la piazzeranno al posto di Marrazzo e festa finita. Dal partito transnazionale e transpartitico al post-trans-scandalismo.
E la legge elettorale, la «porcata», ve la ricordate? Neppure quella. I radicali che, insomma, erano per un governo che governasse, per dare più poteri al premier che in Italia non riesce mai a governare, e quindi presidenzialismo all’americana e maggioritario secco e separazione delle carriere e responsabilità civile dei magistrati «nemici del diritto», i radicali duri e puri, di un garantismo così spinto da portare in Parlamento Toni Negri, di un antibigottismo così spinto da portare in parlamento Ilona Staller, quei radicali avrebbero sparato contro i polveroni sollevati su escort e trans, ma scherziamo. Quei radicali, i quali parlavano di «golpe» della magistratura e perfino di «golpe» della Corte costituzionale. Erano radicali per questo, mica perché mettevano radici negli ulivi e nelle margherite e si mettevano in coda da Veltroni per prendere i ticket dell'I care. Contrari inoltre, sulla legge elettorale, quando erano nel Polo, a qualsiasi accordo con l’Ulivo, quando il messaggio del Polo era «ci metteremo d’accordo» con l’opposizione, e Pannella si incazzava: «Ma siamo matti? Sarebbe il trionfo della partitocrazia, il ritorno al proporzionale puro». E i referendum per la responsabilità civile dei magistrati, e per la ricerca sulle cellule staminali embrionali, così embrionali da essere subito dimenticate appena fatta l’alleanza con la sinistra cattocomunista a sua volta alleata con il Di Pietro fasciogiustizialista.
Insomma, chi ha ucciso i radicali, i miei amati radicali? Li ha uccisi la loro antitesi, alla lunga li ha uccisi l'Italia che sfianca chiunque. Il loro funerale è stato l’ingresso organico in uno schieramento, e proprio in quello schieramento da sempre combattuto, ipersindacalizzato, antiliberista, antigarantista, e quindi la fine dei tavoli nelle piazze, della militanza democratica extraparlamentare, degli scioperi della fame contro tutto e tutti in nome di principi alti perché radicali. Come può conciliarsi Marco Pannella con Bersani, con la farsa delle primarie, con il giustizialismo sovversivo di Di Pietro e De Magistris, con il moralismo ipocrita della sinistra? Dove sono finiti i radicali, quelli laici, quelli liberali, libertari, liberisti, quelli il cui compito era, secondo Pier Paolo Pasolini, di «opporsi a ogni governo e a ogni opposizione»? Dove sono finiti quelli per cui la Corte costituzionale era il simbolo del regime e volevano rivoltare la magistratura e Pannella era definito «l’alleato di ferro» di Berlusconi? (il Giornale)

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