mercoledì 3 febbraio 2010

No di Alfano a una legge giusta. Dimitri Buffa

E’ paradossale il dietro front del Guardasigilli sulla proposta di togliere alle dichiarazioni dei collaboratori di giustiziail valore di prova assoluta.

Oramai la sinistra considera le parole dei pentiti di mafia un proprio imprescindibile riferimento culturale. Un “valore”, come si direbbe in tv nei programmi trash. E il Pdl si adegua. Per soggezione psicologica e senso malinteso del politically correct. Solo così si può capire l’altrimenti inspiegabile ennesima marcia indietro del Guardasigilli Angelino Alfano sulla per niente scandalosa proposta del senatore Giuseppe Valentino di modificare gli articoli 192 e 195 del codice di procedura penale in maniera di togliere alle dichiarazioni di queste persone il valore di prova assoluta per condannare, ad esempio, in mancanza di altre e differenti prove convergenti servitori dello stato come Bruno Contrada. Con il quale fino a un giorno prima dell’arresto si faceva a gara a farcisi fotografare insieme nelle occasioni ufficiali e che solo dopo è divenuto così impresentabile da cercare di fare sparire le suddette fotografie. Ma questo amore per le verità dei pentiti non è difficilmente spiegabile: basta sentire le dichiarazioni di questo strano personaggio che è Massimo Ciancimino (detto “papello figlio di papollo”) il quale ormai da un anno e mezzo racconta qualunque cosa su chiunque e viene creduto come il Messia. Pur senza avere mai ancora fornito un minimo riscontro. Ma “papello” racconta cose che sono miele per le orecchie di chi odia il Cav per professione: dice che i suoi soldi sono soldi di mafia, precisamente di Provenzano, e servirono sin dall’inizio della sua fortuna imprenditoriale a costruire un impero su cui il sole ancora non tramonta. Da Milano2 a Fininvest tutto è territorio di mafia. Lo dice Spatuzza, lo dice Ciancimino junior, lo dicono un altro paio di scalzacani e killer di Cosa Nostra oggi al 41bis e tanto può bastare per condannare chicchessia, a cominciare da un premier in carica, in un processo dove la libera valutazione del singolo assurge ad arbitrio in una sorta di facsimile di stato di diritto. Vediamo allora cosa dicevano di così scandaloso gli articoli del disegno di legge presentati dal senatore Valentino e oggi rimangiati da Alfano davanti alle telecamere dei Tg. Il nuovo articolo 192 comma 3 del codice di procedura penale dovrebbe essere il seguente: “le dichiarazioni rese dal coimputato del medesimo reato o da persona imputata in un procedimento connesso assumono valore probatorio o di indizio solo in presenza di specifici riscontri esterni”.

Attualmente invece dice così: “le dichiarazioni sono valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l’attendibilità”. Una differenza non da poco: nel primo caso si segue un canone certo per l’individuazione della prova, uguale per tutti. Nel secondo la “valutazione” può ovviamente variare a seconda che alla sbarra ci siano amici, nemici o semplici conoscenti. Naturalmente, come scrive “Repubblica”, i pm di Palermo, Reggio Calabria e Napoli entrano in fibrillazione. E si può capire: così gli errori giudiziari, o le cantonate, potrebbero essere scoperti in tempo reale. E non attendere che dopo dieci anni venga fuori un altro pentito come Gaspare Spatuzza a mandare all’aria un processo e una sentenza ormai passata in giudicato sulla parola di altro pentito, come è capitato proprio per l’omicidio del giudice Paolo Borsellino e della sua scorta. Poi ci si scandalizza anche per altri due commi con cui dovrebbe venire riscritto lo stesso articolo 192 del codice di procedura penale: il comma 3 bis, “le dichiarazioni di più coimputati o imputati in procedimenti connessi assumono valore probatorio o di indizio ove sussistano le condizioni di cui al comma precedente”, e il comma 3 ter, “sono inutilizzabili le dichiarazioni anche in caso di riscontri meramente parziali”. In realtà a ben vedere sono delle conseguenze logiche del comma 3 del medesimo articolo in questione, ma in Italia è meglio specificare tutto per lasciare al libero convincimento del magistrato meno spazio possibile per fare voli pindarici. Valentino chiede anche la riforma dell’articolo 195 del codice di procedura penale. Quello che stabilisce la utilizzabilità o meno delle dichiarazioni rese nelle indagini preliminari dai pentiti o dai testi. Se oggi le dichiarazioni di chi ha appreso notizie fondamentali per il processo da un altro si possono sempre usare “salvo che l’esame risulti impossibile per morte, infermità o irreperibilità”, da domani solo “l’infermità temporanea” lascerà campo libero. E anche qui la “ratio” si capisce: continuare a fare parlare i morti e i latitanti e sulle parole di chi non potrà (o vorrà) più confermarle costruire un ergastolo è esercizio da diritto dell’Inquisizione di Isabella la Cattolica non da stato di diritto. Naturalmente adesso tutti dicono che questa “è la vera faccia della lotta alla mafia”, che Berlusconi “si fa un’altra legge ad personam anti Spatuzza”, e anti “papello figlio di papollo”. Chissà perché però negli Usa, seguendo regole procedurali dei dibattimenti analoghe, rigorosamente orali e con i pm elettivi le cui carriere nulla hanno a che vedere con quelle di chi giudica, sono riusciti a debellare la Cosa Nostra locale, mentre qui da noi siamo ancora a “caro amico”. (l'Opinione)

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