martedì 2 marzo 2010

Morire da italiani. il Foglio

Pietro Antonio Colazzo, servitore dello stato, è tornato ieri da Kabul in una bara: morto da eroe nella lotta contro il terrorismo. Durante un assalto di miliziani ha avuto il sangue freddo per fornire le informazioni utili al contrattacco delle forze regolari afghane e internazionali, sapeva di rischiare la vita, ma col suo comportamento ha permesso di contenere gli effetti dell’aggressione, salvando così numerose vite. Non la sua. I servizi di sicurezza e di intelligence italiani, che in patria vengono spesso dileggiati e talora accusati anche dalla magistratura dei più efferati crimini, sono rispettati all’estero per la loro professionalità e per il coraggio personale dei funzionari.

L’eroismo di queste persone, che esercitano funzioni delicatissime in modo riservato, senza compiacenze e senza esposizioni mediatiche, emerge solo in casi tragici come quello che ha portato al sacrificio di Colazzo. Per una volta anche i giornali dell’establishment ne hanno dato conto, come per la verità avevano fatto in un primo tempo anche con Fabrizio Quattrocchi, il body guard massacrato dai tagliagole iracheni ai quali rispose con l’inusuale e sincero orgoglio di chi sa “morire da italiano”. Sono bastati, in quell’occasione, pochi giorni per veder spuntare la solita inchiesta giudiziaria che voleva trasformare un eroe in “mercenario”. E per vedere l’opinione perbenista accodarsi alla logica dell’oblio per l’eroe, al cui nome non fu possibile intitolare una strada. C’è da sperare che non avvenga così anche per Colazzo. Da noi infangare gli atti di eccezionale valore personale è una moda permanente, forse il riflesso di un atteggiamento di deprecazione autolesionistica che ha radici antiche.

Quattrocchi è morto inneggiando alla patria, Colazzo per difenderla dall’insidia globale del terrorismo. Quattrocchi, per lo meno, è stato poi insignito della medaglia d’oro al valore civile, che sarebbe giusto conferire anche a Colazzo. La sensibilità di Giorgio Napolitano non ha bisogno di suggerimenti, ma sarebbe il caso che quando si conferirà alla memoria di Colazzo il riconoscimento dello stato che ha servito con onore si colga l’occasione per ricordare agli italiani non solo una persona dal comportamento eroico, ma l’azione discreta e silenziosa di tanti che si sacrificano per difendere la nostra sicurezza. In fondo la retorica della difesa della Patria è sempre meglio di quella della sua sistematica denigrazione.

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