venerdì 30 aprile 2010

Fini ma non troppo. Il Foglio

Nella sua autorevole galleria di buone ragioni culturali, c’è un errore politico che Gianfranco Fini deve evitare di commettere. Consegnarsi all’impazienza, alla foga e sopra tutto al retropensiero di non essere compreso da amici e avversari se non in ragione - espressione sua - di un iperattivismo pubblico e mediatico sempre più compulsavo. Nessuno, a parte i soliti forsennati, nelle attuali condizioni gli negherà il diritto di occupare la presidenza di Montecitorio in omaggio a un merito personale condiviso con la coalizione uscita vincitrice dalle elezioni politiche del 2008. Né certo si vorrà rinunciare al suo prezioso ruolo di collegamento istituzionale con il presidente della Repubblica e con le figure meno faziose dell’opposizione democratica. Diversamente, sarebbe anzitutto il centrodestra a patirne le conseguenze in fatto di incomunicabilità e tensione generalizzata. Ciò detto, Fini dovrebbe ricordare prima di tutto a se stesso che l’indipendenza della propria carica è un bene da salvaguardare con un contegno impersonale e costruttivo. Sicché proprio non giova la sua recente inclinazione a improvvisarsi commesso viaggiatore televisivo in attrito permanente con il centralismo carismatico berlusconiano.

Che vale, infatti, rivendicare autonomia di giudizio e di pensiero se poi questa dote viene dissipata sbrigativamente nel cortile rissoso delle correnti interne al Popolo della libertà, o peggio ancora nel duello mal dichiarato con l’antipatizzante direttore del Giornale? Si sta insinuando nel comportamento finiano una frettolosa agitazione incompatibile con certe sue promesse cui vogliamo continuare a credere: non vuole scavare nel Pdl una galleria sotterranea per sé e per gli scontenti pronti alla diserzione; non intende sabotare un naviglio che fino a ieri sembrava destinato a copilotare nel mare aperto dei successi elettorali; non inquinerà il proprio diritto alla differenza d’opinione con il raggruppamento di nuovi colonnelli senza truppe. Ecco, se le cose stanno ancora così, Fini si calmi e magari imponga a se stesso ciò che ha appena inflitto ai suoi pensatori di FareFuturo: silenzio meditativo per almeno sette giorni. Sennò, a forza di controcanti, si guasta la voce.

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