lunedì 10 maggio 2010

Berlusconi fa lo statista, altri persi in polemichette. Daniele Capezzone

Scena uno di un weekend italiano. Silvio Berlusconi, forte di una linea elaborata con Giulio Tremonti e condivisa da tutto il governo, vola a Bruxelles, fa asse con Sarkozy e convince i partner europei di una linea tempestiva ed efficace per circoscrivere gli effetti della crisi greca, evitando nuovi assalti della speculazione internazionale. Quattro i punti essenziali: la costituzione di un fondo europeo di salvaguardia, un vero e proprio “super-salvadanaio” per fronteggiare le situazioni di emergenza; impegno della Bce ad acquistare i titoli dei Paesi in difficoltà (purché, ovviamente, questi si impegnino a rigorose misure di risanamento); emissione potenziata, da parte della stessa Bce, di eurobond; novità sul fronte del rating, che non può rimanere ostaggio delle insondabili volontà di tre agenzie private.

Scena due dello stesso weekend italiano. Walter Veltroni torna in campo, in un seminario di corrente, a Cortona, e attacca a testa bassa Bersani e D’Alema. Motivi del contendere? Sì o no all’alleanza con l’Udc, e il modello di partito più auspicabile per il Pd.
Scena tre. Ad una osservazione assolutamente sennata e ragionevole, animata da totale buon senso, di Gaetano Quagliariello, il quale ha fatto notare che sarebbe lunare consentire a quattro-cinque tenutari di talk-show di “pompare” nuove formazioni politiche per via televisiva, attraverso il “format” della rissa tra esponenti del Pdl, fa seguito una serie di reazioni - politiche e giornalistiche - stizzite e rabbiose.

Scena quattro. A quaranta giorni dal successo elettorale, la situazione nel Lazio appare in alto mare, tra la comprensibile irritazione della neopresidente della Regione, il tira e molla dei partiti vogliosi di assessorati, le rivendicazioni locali e localistiche dei rappresentanti dell’una o dell’altra provincia.Chi scrive ama la politica, e sa bene che essa non è fatta solo di grandi idee e di grandi scenari, ma pure di un faticoso e non sempre gratificante lavoro di bottega: comporre gli interessi, gestire il “fattore umano”, supportare il lavoro sui contenuti attraverso una “macchina” funzionante. Tutto giusto, per carità: però c’è un limite. E non sfugge a nessuno la distanza che passa tra la dimensione da statista in cui Silvio Berlusconi è riuscito a muoversi, e - invece - le polemichette modeste in cui sembrano intrappolati troppi altri protagonisti della scena italiana. Sarebbe anche loro interesse darsi obiettivi più ambiziosi: altrimenti, poi, non avranno il diritto di sorprendersi se gli italiani continueranno a preferire Berlusconi rispetto al (semi)vecchio e (semi)nuovo personale politico di sinistra, di destra e di centro. (il Velino)

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