venerdì 17 settembre 2010

Ai nostri figli lasceremo troppo in eredità. Luca Ricolfi

Che l’Italia abbia il record dei «bamboccioni» si sa. In nessun paese del mondo i ragazzi e le ragazze restano così a lungo nella casa dei genitori. In nessun paese sviluppato la percentuale di giovani che non lavorano e non studiano è alta come da noi. E sospetto (perché dati comparabili non ce ne sono) che da nessuna parte succeda quel che non di rado succede da noi, ossia che una sentenza obblighi i genitori a mantenere una figlia che impiega 10 anni a prendere una laurea in filosofia, o a versare un assegno a un figlio ultratrentenne che un lavoro l’ha trovato, ma non lo ritiene adeguato alla formazione che ha ricevuto.

Di questo problema si discute ormai da anni, e i pareri sono abbastanza discordi. Secondo alcuni è innanzitutto un fatto culturale, legato alla nostra cultura cattolica, mediterranea e «mammocentrica». Per altri è colpa del mercato del lavoro che offre quasi esclusivamente posizioni precarie e sottopagate. Per altri è colpa del mercato degli affitti, che rende proibitivo mettere su casa. Per altri è colpa della scarsità di servizi sociali, che scoraggia la formazione di nuove famiglie.

C’è però anche un’altra spiegazione, secondo me. Una spiegazione al tempo stesso psicologica ed economica. Da qualche decennio l’Italia si sta trasformando in un paese di ereditieri. Ereditieri non certo di grandi fortune, ma pur sempre ereditieri, ossia giovani che sanno di poter contare, nella vita, non solo sul reddito che guadagneranno con il loro lavoro, ma anche sul patrimonio messo da parte da padri e nonni. E questa consapevolezza, la tranquillità di avere comunque un appoggio, una sponda, un’ancora di salvezza, li condiziona profondamente. Proprio perché sanno di avere le spalle coperte i giovani italiani possono permettersi di rifiutare i lavori meno gratificanti, rimandare l’inizio di una professione o di una carriera, accontentarsi di occupazioni saltuarie o a tempo parziale. È come se, a livello più o meno inconscio, sapessero che nella loro vita, oltre al reddito che si saranno sudati sul mercato, esisterà sempre un reddito supplementare proveniente dalla famiglia, un reddito che oggi consiste nell’aiuto di genitori e nonni, domani sarà dato dalle loro eredità.

Ma perché mai, direte voi, questo dovrebbe valere solo o soprattutto per i giovani italiani? Per due motivi almeno. Tra i paesi avanzati l’Italia è uno fra i più patrimonializzati: fatto 100 il reddito annuo disponibile delle famiglie, la ricchezza netta è 857, una delle più alte del mondo. Inoltre, in Italia si fanno pochi figli: questo significa che il patrimonio familiare si spalma su un piccolo insieme di eredi (1,38 figli per ogni donna in età fertile). La combinazione di questi due fattori, molto patrimonio, pochi figli, colloca l’Italia al vertice di questa singolare «graduatoria della speranza». Dove quel che colpisce è che i paesi in cui l’eredità attesa è alta (Italia e Giappone) sono anche quelli che crescono di meno, mentre i paesi dove l’eredità attesa è bassa (Stati Uniti e Canada) sono quelli che crescono di più. (Panorama)

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