venerdì 10 settembre 2010

Farsi fare la festa. Davide Giacalone

C’è chi scherza con il fuoco e chi assiste al rogo immaginando che le fiamme siano controllabili. Invece tira un’aria insidiosa, che le alimenta e diffonde. Il segretario del Partito Democratico, Pierluigi Bersani, ha fatto bene a definire “squadristi” quanti hanno impedito a Raffele Bonanni di parlare. Ma è la seconda volta che accade, in quella stessa festa di partito, e quando fu costretto al silenzio il presidente del Senato, Renato Schifani, il capo dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, disse: “sto con i contestatori, che sono difensori della legalità e onesti cittadini”. Leoluca Orlando Cascio, esponente di molti partiti e, al momento, italovalorista, aggiunse che non era grave la contestazione, ma il silenzio di Schifani sulle accuse che gli vengono rivolte (non dalla magistratura). Sicché Bersani dovrebbe stare attento, quando dice di non volere controllare la gente che assiste agli incontri, perché il problema politico è relativo a quelli con cui è alleato.

I due atti squadristi (due, non uno) non hanno danneggiato Schifani e Bonanni, invitati a parlare ad una platea che non era la loro, chiamati a esporre le loro idee e discuterle, senza pensare di convertire i presenti, hanno colpito il Pd. Ed è vero che il controllo dell’ordine pubblico è compito della questura, ma è anche vero che la politica non può delegare l’agibilità democratica, ivi compresa la tutela degli invitati. I servizi d’ordine, di cui i comunisti d’un tempo erano maestri (se ne vergognano?), esistono anche nei convegni più sereni. Ma servono a tutelare da estranei male intenzionati, non da fazioni interne sopraggiunte per contestare, prima di tutto, gli organizzatori della manifestazione. La sinistra, quindi, faccia molta attenzione a non sottovalutare il dato evidente: la propria festa è stata sabotata non da estremisti di destra, ma da loro alleati.

Faccia attenzione anche il fronte opposto, il centro destra, perché sedici anni di politica dell’odio hanno distillato veleni potenti. Sedici anni passati a far propaganda non sostenendo le proprie ragioni programmatiche, ma dipingendo l’avversario come il diavolo, il criminale, l’usurpatore, hanno creato fazioni cieche, nelle quali c’è sempre qualcuno che si sente più puro degli altri e che, quindi, sfoga la propria rabbia sui compagni ritenuti non abbastanza duri.

La nostra classe politica frequenta poco l’Italia non raccontata dai media. Ieri mi hanno rubato la moto, cose che capitano alle persone normali. Sono andato a fare la denuncia e dall’altra parte della scrivania c’era un poliziotto che imprecava contro una città insicura, non controllata, con delinquenti liberi e non contrastati, sudicia, buia, affidata a pochi uomini, sempre più vecchi. Con che animo esce, da un simile incontro, un cittadino, derubato per giunta? I nostri politici parlano dei Rom come di un romanzo, che manco hanno letto. Noi proviamo a dire cose che ci paiono sensate e rispettose, ma veniamo sommersi da messaggi che c’invitano a dire chiaramente che questa gente va cacciata. Meglio se cancellata. C’è tanta paglia, in giro, e troppa gente con il cerino in mano. I nostri politici dicono delle minchionerie imbarazzanti, coadiuvati da giornalisti coristi, del tipo: Niki Vendola ha superato Silvio Berlusconi in quanto ad amici su Facebook. Notiziona! E chi se ne frega. Ma avete mai letto i forum aperti sulla rete? Avete mai frequentato tante di quelle pagine? Si respira odio, che trasuda anche nei siti dei quotidiani blasonati. E’ vero, non si deve esagerare, sono sempre gli stessi, che non hanno di meglio da fare. E’ vero. Ma sono comunque più numerosi di quelli che mandavano minacce anonime.

Non si parla più di politica, neanche negli sconti interni alle coalizioni. Se si citano i problemi è solo per farne companatico del vero piatto forte: una contrapposizione antropologica, tutta giocata su categorie che dipingono l’“altro” come venduto, servo, traffichino. Una volgarità che promana dall’alto e si diffonde nelle retrovie, che esala dal basso e contamina le istituzioni.

Bersani ha fatto bene a definire “squadristi” i teppisti convenuti, ma non ha trovato parole politiche, non ha trovato modo di fare il mestiere che spetta alla classe dirigente: indicare idee, temi, prospettive. Bonanni è stato bengalato perché rappresenta un sindacato non corrivo alla Fiom. La cosa di cui si deve parlare è quella: delle relazioni industriali, del diritto del lavoro e della rappresentatività dei sindacati. Difendere con il proprio corpo l’incolumità di chi la pensa diversamente e difendere con il cervello quello in cui si crede. La politica d’oggi non ha corpi che suscitino timore e non ha cervelli che sollecitino il rispetto.

Noi, qui, abbiamo ragionato di Pomigliano, di Melfi, della Fiat e del nostro sistema industriale, sostenendo che i posti di lavoro devono essere mobili e contendibili, ma anche le aziende, che la globalizzazione deve essere messa sul groppone di tutti, non solo di alcuni, vissuta come opportunità, non come calamità. Ma parlavamo al deserto, a politici che ripetono slogan, a sindacati che rappresentano a malapena se stessi, in un clima fazioso in cui sono gli estremisti a farla da padrone. Che deve accadere perché la sinistra s’accorga che questa è una macchina infernale, non dominabile, che li rende prigionieri? Che c’imprigiona tutti.

Ma, vedrete, già domani riprenderemo a parlare di scandali, ruberie, avversari da condannare, tiranni da abbattere, consegnando la vita collettiva ai suoi prodotti peggiori, arruolati per battere i moderati della parte avversa. L’Italia moderata e riformista non ha saputo opporsi alla degradazione del linguaggio, condannadosi a soccombere sotto il peso del travaglismo valorista. Se il giubbotto di Bonanni aiutasse ad aprire gli occhi, potremmo farne una reliquia repubblicana.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

"La nostra classe politica frequenta poco l’Italia non raccontata dai media. Ieri mi hanno rubato la moto, cose che capitano alle persone normali. Sono andato a fare la denuncia e dall’altra parte della scrivania c’era un poliziotto che imprecava contro una città insicura, non controllata, con delinquenti liberi e non contrastati, sudicia, buia, affidata a pochi uomini, sempre più vecchi. Con che animo esce, da un simile incontro, un cittadino, derubato per giunta?"

Bene alzato, caro Giacalone. Ci voleva che ti rubassero il motorino per capirlo?
Indovina chi governa dal 2000 per quasi otto anni?

menomalechelechiacchierecisono

Anonimo ha detto...

la squadra catturandi di Palermo non riceve gli onorati straordinari dal 2008 e Maroni si vanta di aver arrestato 6483 latitanti dall'insediamento del governo Berlusconi

ma i latitanti si consegano spontaneamente o ci sono dietro poliziotti e magistrati che si fanno un culo così per fare indagini e catturarli?

menomalechelechiacchierecisono