lunedì 15 novembre 2010

Favori mafiosi. Davide Giacalone

Il teorema della trattativa fra Stato e mafia, incentrato sul ruolo chiave di Silvio Berlusconi e i suoi uomini, crolla miseramente, non essendo mai riuscito a stare in piedi. Eppure i suoi sostenitori fanno finta di niente, o direttamente di non capire. Su quel teorema abbiamo scritto molte volte, cercando di metterne in luce l’irragionevolezza, la confusione cronologica, le molte forzature. Ora, i fatti ci danno ragione.

Riassumo il teorema: la mafia si sente assediata, uccide gli uomini che non hanno rispettato le promesse (Salvo Lima), elimina gli inquirenti pericolosi (Giovanni Falcone e Paolo Borsellino), quindi apre una trattativa con il potere emergente, quello di Forza Italia, che induce alla cedevolezza piazzando delle bombe, quindi ottiene …. Ecco, il teorema, già totalmente sbagliato, ha sempre avuto un notevole punto debole: non è mai stato possibile indicare che cosa la mafia abbia ottenuto. Però, naturalmente, sarebbero già gravi le premesse. Se fossero vere.
Ora sappiamo, perché ce lo ha detto il ministro della giustizia dell’epoca, Giovanni Conso, che la mafia ottenne l’importante risultato di far ritirare il regime del 41 bis (carcere duro e impedimento ad ogni comunicazione) per 140 dei suoi uomini. Solo che eravamo del 1993 e governava Giuliano Amato. Conso ha anche lui commesso un errore: attribuendo ai giornali la diffusione della notizia secondo cui Bernardo Provenzano era contrario alla strategia stragista, afferma di avere cancellato il 41 bis per evitare altre bombe. Peccato che, all’epoca, i giornali neanche sapevano se quel mafioso fosse vivo. Chi informò Conso, chi gli suggerì quella mossa? Ecco la risposta: a tracciare la strada fu Nicolò Amato, allora responsabile delle carceri, a ritenere eccessivo il carcere duro era Nicola Mancino, a conoscere le cose più segrete il capo della polizia, Vincenzo Parisi. Berlusconi neanche esisteva, come soggetto politico. Quando sarebbe comparso, successivamente, era anche l’unico a scommettere sulla propria vittoria. Quindi la storia della trattativa con la mafia, come abbiamo ripetutamente argomentato, è una bufala, tanto più che il 41 bis fu reintrodotto (incredibile, vero?!).
Non così, o, almeno, non necessariamente così per il periodo immediatamente precedente. Ma il governo Amato era un governo tecnico, privo di spessore politico, se qualche cosa di strano si mosse si dovrebbe chiedere a lui, e al Presidente della Repubblica dell’epoca: Oscar Luigi Scalfaro. Vale a dire agli avversari politici e istituzionali di Berlusconi. E sbrighiamoci, anche per evitare al vecchio Presidente emerito di passare gli ultimi giorni a moraleggiare senza fondamento. Almeno gli offriamo l’occasione di ribadire il suo concetto più noto: non ci sto.
Di sicuro Conso ha detto di avere agito da solo, escludendo di averne parlato sia al capo del Ros, Mario Mori, che al capitano De Donno. Con il che vanno a farsi benedire anche le corbellerie raccontate da Massimo Ciancimino. Anzi, a proposito dei congiunti di Vito, politico al servizio della mafia, disonorato servente disonorati, già si segnala un tentativo di porre rimedio al crollo avvenuto: la vedova del sindaco ricorda che il marito incontrò tre volte Berlusconi, e che due volte era presente anche lei. Ridicolo, se non fosse orrido. La signora aveva sposato un corleonese che la cornificava e picchiava a sangue, già risulta fantasioso che le parlasse, mentre è fuori dal mondo che le consentisse di partecipare ad alcunché.
Non oso immaginare cosa sarebbe successo se Conso fosse stato un ministro del governo Berlusconi. Mi accontento di vedere annaspare quanti, per ragioni di faziosità, hanno fin qui offeso la memoria di Falcone e Borsellino, continuando a processare i loro collaboratori (quelli che il Saviano telenarciso non ha neanche il coraggio di nominare).

Nessun commento: