lunedì 22 novembre 2010

Il Cavaliere e la strategia del camaleonte. Gian Enrico Rusconi

Dopo il Caimano avremo il Camaleonte. L’animale che cambia il colore della pelle per muoversi con sicurezza in un ambiente diventato ostile ed attaccare il nemico. Se l’obiettivo di Berlusconi è rimanere al potere, deve solo trovare il modo di ricompattare con operazioni cosmetiche (di cui è maestro) le forze necessarie. E nel parterre politico italiano ce ne sono a sufficienza.

C’è una singolare contraddizione nelle analisi che da mesi enfaticamente annunciano la fine di Berlusconi. C’è incongruenza nelle conclusioni. Se il berlusconismo non è semplicemente espressione di una persona ma sintomo di una profonda mutazione della società, del costume e della mentalità diffusa presso ampi strati sociali, perché dovrebbe sparire d’incanto? Bastano davvero le senili sciocchezze personali del Cavaliere? Se dietro ad esse funziona sempre «il far finta di fare» (Fini) che consente il «fare i propri affari», che sta a cuore ai sostenitori di Berlusconi, perché dovrebbero abbandonarlo?

Basta che milioni di telespettatori assistano maliziosamente divertiti alla messa in berlina o al match di alcuni potenti, per segnalare un potenziale risveglio alternativo?

Ma questa è semplicemente l’ultima versione mediatica di un antico (mal)costume italico. Ridere dei potenti e stare a guardare come va a finire, senza esporsi.

Dov’è il soprassalto morale dell’«altra» società, dov’è la fantomatica «società civile» con le sue energie sane e alternative? Che fanno i cattolici che sono la parte più consistente e qualificata della «società civile»? Ma di quali cattolici parliamo? Di quelli che condividono i giudizi severi di «Famiglia cristiana»? Una severità per altro che va in tutte le direzioni (anche contro il «vanitoso» don Gallo). O parliamo dei cattolici che sostengono le tesi di mons. Rino Fisichella, disposto a tutto comprendere e perdonare pur di avere nel berlusconismo una sponda antilaica e antisinistra? O semplicemente quei credenti (forse la maggioranza) che a Messa o fuori sono infastiditi da qualunque allusione considerata «politica»? Nella gerarchia poi sembra prevalere una mentalità iper-istituzionale: pur nei suoi espliciti rimproveri morali deve stare attenta a non mettere a repentaglio le risorse finanziarie e il sostegno in campo giuridico che le offre il governo più «compiacente» (parole di Berlusconi) mai avuto dopo il Concordato. Molti alti prelati non sopportano l’idea di dover fare di nuovo i conti con i «cattolici adulti». Sin tanto che il mondo cattolico è diviso e politicamente opportunista, Berlusconi può stare tranquillo.

Il Cavaliere è riuscito a creare o a saldare attorno a sé una nuova classe politica, reinventandola o riciclandola dai vecchi partiti, al punto che non si vede all’orizzonte una nuova classe politica alternativa. Questa infatti rischia di essere «ciò che resta» delle vecchie forze politiche nebulosamente orientate verso il centro. Per non parlare di ciò che resta della sinistra masochisticamente ripiegata su se stessa.

Rimane la Lega, ora diventata baluardo del berlusconismo. Strano destino, basato su un patto di reciproco interesse. A Berlusconi interessa la sopravvivenza politica, a Bossi sta a cuore il federalismo. Ma che cosa significhi concretamente questo progetto, non è chiaro. Lo ripetono anche quei pochi analisti che cercano seriamente di andare a fondo del progetto bossiano. In realtà i leghisti lo sanno benissimo: federalismo significa che «ci teniamoci i nostri soldi», «paghiamo meno tasse», «non dipendiamo più dalla burocrazia romana». Più chiaro di così...

Il problema adesso è che cosa è disposto a concedere su questi punti il governo, e soprattutto Tremonti. Bossi fa il gioco di sempre: sta con Berlusconi, ma insieme pensa al dopo; lo sostiene ma dice apertamente (a suo modo lealmente) che non condivide le sue opinioni. Vuole le elezioni perché è l’unico modo di tenere sulla corda gli elettori che vogliono il federalismo che non arriverà certamente da un governo che ha di mira la sola sopravvivenza.

Ma forse sottovalutano il camaleonte Berlusconi che diventerà più verde per mimetizzarsi con i leghisti, sarà azzurro per tenere attorno a sé il malconcio «popolo delle libertà» e sarà sempre bianco per rabbonire i cattolici di chiesa. Chi si aspettava la sua fine imminente, deve riaggiustare le previsioni. (la Stampa)

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