mercoledì 20 luglio 2011

In debito di politica. Davide Giacalone

Se il problema italiano, e del nostro enorme debito pubblico, fosse liberarsi di Berlusconi e del suo governo sarebbe facile da risolversi, tanto, oramai, si è prossimi al capolinea. Ma è una presa in giro. Ieri abbiano visto perché il governissimo è una parola priva di contenuti, oggi vale la pena allargare la riflessione al resto dei governi occidentali. In Spagna il governo è cotto, Zapatero ha annunciato che neanche si ricandiderà, eppure non si mette in dubbio la sua legittimità attuale. La signora Merkel non vince un’elezione manco per sbaglio, ma sfida l’opposizione e punta alle prossime elezioni politiche dicendo che se lei ha le idee confuse gli altri non ne dispongono proprio. Sarkozy punta sul pancione, e sul fatto che i socialisti non sono in grado di gonfiare neanche quello. Cameron era in minoranza già il giorno delle elezioni. Obama ha il conto alla rovescia che corre e, se non trova un accordo con i repubblicani, che hanno la maggioranza al congresso, avrà presto un debito pubblico fuorilegge. Possibile che l’Italia viva tanto fuori dal mondo da credere seriamente che il problema sia liberarsi di Berlusconi, o, all’opposto, di dare a Berlusconi il potere che gli manca?

Solo la miope miseria del nostro dibattito interno può far credere una cosa del genere. E, del resto, come giusto ieri avvertivamo, se il calo in borsa era da considerarsi una bocciatura del governo un suo successivo rialzo vale la promozione? Quante volte si fanno, questi scrutini? Mi trovo in Cina e leggo sui giornali italiani che il ministro degli esteri sarebbe venuto qui a confortare i creditori sull’affidabilità del debito pubblico italiano. Ma quando mai?! L’Italia è un debitore affidabilissimo, con un patrimonio molte volte superiore al debito, che non ha mai mancato di rimborsare un solo centesimo e non lo ha mai fatto con un solo giorno di ritardo. L’Italia, da questa parte del mondo, è vissuta come ricchezza. I discorsi più realistici e fiduciosi, sulle cose che siamo stati capaci di fare, li pronuncia il ministro degli esteri cinese, non quello italiano.

Il nostro debito pubblico non è un problema degli altri, ma nostro. Siamo noi che ne paghiamo il prezzo, gli altri incassano. E siamo affidabili. Abbiamo a portata di mano un governo che ne assicura una più saggia gestione? No. Abbiamo un’opposizione che sappia rimproverare il governo per le cose che non ha fatto e che prometta di farle? No. Il nostro problema è di essere un Paese bloccato da una resa dei conti sul passato, da una diatriba su quel che è già successo. I guasti del governo li vediamo, ma quelli dell’opposizione sono giganteschi. Nelle democrazie il crollo di un governo non è un dramma, se c’è chi è in grado di prenderne il posto, ma non è il nostro caso.

E’ vero che gli italiani hanno l’anima colma dall’arrogante insipienza della politica dominante. Ma quello di cui difettano è l’alternativa. Guardiamo al resto del mondo, e accorgiamoci che le cose non sono, altrove, più allegre. Il che non c’induca a rassegnarci, ma, almeno, ad avere un minimio di rispetto per la realtà.

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