venerdì 24 maggio 2013

L'Italia che vale. Davide Giacalone

Dopo la giusta durezza delle parole usate ieri da Giorgio Squinzi, oggi è una giornata istruttiva, l’occasione per mostrare il volto vincente dell’Italia. La lezione si tiene a New York. Per la precisione a Coney Island. Sulle giostre di un parco divertimenti. In cattedra c’è un italiano che qui non troverebbe ascolto, perché non s’esibisce portando nella piazza televisiva la rappresentazione della miseria, non passa il tempo a raccontare che stiamo diventando tutti dei morti di fame, non alimenta i rancori sociali sostenendo che se non fossero mai nati gli uni si troverebbero meglio gli altri, non cincischia con la politica delle tifoserie, non s’atteggia a tecnico e non sta lì a menarla sulla “società civile”. Alberto Zamperla è un italiano che non fa audience. Lavora. Lavora bene e oggi porta alta la bandiera dell’Italia e del made in Italy. Anima “New York meets Venice” perché sa che il “prodotto Italia” va forte ed è molto apprezzato. Lo fa per convinzione, ma anche per convenienza: gli italiani che girano il mondo parlando male dell’Italia non sono solo degli sciocchi, sono prima di tutto degli incapaci di far affari.

A Coney Island i newyorkesi sono suoi ospiti, perché è lui che ha fatto il parco divertimenti. Le giostre. 20 milioni di visitatori nei primi 1000 giorni. Le strutture sono state fatte in Italia, ad Altavilla Vicentina, e trasferite con 1800 containers, allestendo il parco a tempo di record. Mi capitò di trovarmi a Suzhou, in Cina, fra Shanghai e Nanchino, dove c’è un parco divertimenti, presso il quale si teneva un incontro. Guardo le giostre e vedo il nome del realizzatore: Zamperla. L’ho incontrato una volta in vita mia, non ho alcun motivo per fargli pubblicità, ma questo italiano che non si piange addosso ha creato un protagonista globale del divertimento (sua anche gran parte di Eurodisney). Mica con spaghetti e mandolino, ma con tanta ricerca, tanta innovazione tecnologica, tanta meccanica sofisticata, oltre a tanta inventiva e fantasia. E quando si presenta al pubblico straniero, come oggi a New York, dice: sono uno dei numerosi piccoli e medi imprenditori italiani, capaci di stare nel mondo e di non restare indietro. Anzi, di stare avanti. E’ l’Italia che in anni difficilissimi ha fatto mangiare la polvere ai tedeschi, in quanto a crescita nei mercati extra-Ue. L’Italia che ancora ci consente di essere la seconda potenza industriale d’Europa, con una meccanica di altissimo livello. Quella che dimostra, come si legge nell’invito per la festa di oggi: “the tenacity of the Italian culture”. Ed è questa la ragione per cui dobbiamo essere grati a Zamperla, e ai tanti come lui: essi sanno che la loro operosità è la cultura italiana. Sono loro i protagonisti di un Rinascimento che non smette di rinascere. Sono la forza atomica dell’italianità.

Ci sono legioni di presunti politici e presunti finanzieri, c’è un’intera presunta classe dirigente, ivi compresi giornalisti e opinionisti vari, accompagnati da saccenti professori, che dovrebbero andare a lezione di giostre e di “Italian culture”. Per imparare quel che valiamo, quando non ci dimentichiamo di chi siamo e quando non siamo occupati a crogiolarci nella rappresentazione dei nostri guasti.

Qualcuno potrebbe concludere: prendete Zamperla e fatelo ministro, dategli il commercio estero, o l’innovazione (dove ancora perdura l’inoperatività di un’Agenzia che è divenuta presa in giro della digitalizzazione), mettetelo a guidare gli istituti che presiedono (si fa per dire) all’internazionalizzazione delle nostre aziende. Sbagliato: ciascuno deve fare quel che sa fare. Il guaio è che il mercato seleziona gli Zamperla, mentre la politica e lo Stato non sono più in grado di selezionare un accidente. Non conta il merito, non contano neanche i risultati, non conta l’esperienza, contano solo le appartenenze e gli opposti analfabetismi. Non conosco Zamperla quanto sarebbe necessario, ma non è affatto detto che sarebbe un buon governante. Ciò non di meno ho un suggerimento per Enrico Letta: si congratuli per la giornata di oggi e lo inviti al Consiglio dei ministri, in modo da ascoltare la voce di uno di quelli che sanno rendere grande l’Italia. Non si tratta di tributargli un onore, ma di avere l’onore di conoscere cos’è e cosa può l’Italia che lavora.

Pubblicato da Libero

Nessun commento: