domenica 23 giugno 2013

Chiquita e le zoccole. Caino Mediatico

    

Appena sentono odore di escort i sensori della più coraggiosa corripondente di guerra italiana s’allertano. Ella allarga furiosa le narici e parte in tromba, per così dire. L’icona delle senonoraquandine, Concita De Oratorio, la direttora, un tempo in mini, di quello che fu l’organo di quello che fu il partito, fondato da Antonio Gramsci sta sempre sul pezzo. Chiquita De Rosario ha già recuperato dall’orlo del suicidio Marrazzo, disgustoso acquiescente utilizzatore finale di ambivalenti procacità, per farlo pentire pubblicamente. Ha denunciato gli orridi retroscena, che il popolo ha imparato ad aborrire, delle alcove del tiranno. Più tardi ha sbeffeggiato con collage semiporno le cortigiane del caimano e la corriva subalternità dei suoi stessi compagni di partito verso la degenerazione dei costumi. Lo fa ancora oggi con il coraggio e l’acutezza con cui la Fallaci provocava gli Ayatollah.

Coccìuta Sanatorio si muove con la destrezza di un Ettore Mo, ma tra alberghi ad ore e case di tolleranza. La sua penna guizza come quella di un Kapuzcinsky, ma tra le nudità immaginate di odalische minorenni dai nomignoli menzogneri e pruriginosi. Non è seconda neppure a Don Parco Serraglio nell’incalzare con repugnanti immagini corrotti e corruttori, televisivi, giornalistici unti e presunti. Il guizzo delle sue chiome acconciate è una lama che non perdona sfoderata in una mossetta. Questo sempre che non sia impegnata definire i confini a destra dei candidati segretari del PD, il che avviene solo nei ritagli di tempo che la sua missione gli lascia. Ieri notte le è apparso in sogno l’istesso Savonarola per rammentarle che nella patria dannata e godereccia di Dante, sotto lo sguardo in tralice e gli attributi a mezz’asta del Davide di Donatello si pecca, si commettono abomini di meretricio. Sì nelle sale rinascimentali tra arazzi, velluti e mogani lucidati, sotto gli occhi fiammeggianti di dei e demoni dipinti, gli stessi che hanno attizzato Dan Brown, ad un passo dal Salone de’ Cinquecento qualcuno s’eccitava per istinti meno artistici. Gli scranni sacri all’arte ad alla politica, in Palazzo Vecchio etici per funzione e storia, vengono insozzati dalle chiappe di donne di malaffare. Funzionari e dirigenti si fanno degni del biasimo suo come lo furono i Medici nelle requsitorie del Frate Domenicano. S’accoppiano come animali nel più osceno libertinaggio con giovani donne avvezze al mercimonio del corpo. Qui, ne è sicura la nostra, deve esserci altro, un filo rosso, un collegamento. Di certo il lercio che emerge nasconde altro lerciume. Disinvolte fanciulle si recano da un torvo orefice e questi s’adopera per commerciarne le grazie coi potenti del luogo, come avviene ovunque-dice la nostra. Equivoche pensioni di quart’ordine nascondono circoli demoniaci di gaudenti dediti al sesso sfrenato. Ed inevitabilmente le rete di prosseneti s’intreccia con gli ignavi e gli ipocriti del potere politico. Il potere che non distingue, che non vede il nemico per convenienza, che non fa dell’etica privata la bussola del suo funzionamento pubblico.

Tale potere è in sé diabolico, reca il segno della subalternità a Satana. Chi s’è discostato dal giusto, chi ha frequentato i palazzi dell’Impuro, chi s’è limitato a riderne, s’imbatte nei peccatori, e questi schiavi di Satana vedendolo debole lo attorniano e lo condizionano chissà da quanto, chissà con quanti altri. Come sempre cosa c’è dietro? Alla fine del suo coraggioso reportage dall’inferno della lussuria in Arno, il sospetto, il dubbio Cortita è anche il nostro: tra coloro che conoscono le puttane, e oggi le disconoscono ipocriti, ce n’è già uno che è rimasto dove? Nella “giunta Renzi”. Ahhhhh. Eccolo, di striscio, per ora, ma il nome del satanasso rottamatore risuona comunque nelle sale Matteo-eo-eo-eo…Il nome alla fine esplode tra le righe del pezzo, come un boato, come un orgasmo dell’abisso. Aspettatevi novità. Intanto la “rossa” vendicatrice, il terrore dei posseduti e delle possedute, donna Ilda Bocassini è “in corsa” per la procura di Firenze. Cionquita de Pretorio ha lanciato il suo anatema, le truppe del bene si stanno radunando, aspettatevi il lavacro del castigo. Matte’ fatti frate ! (the Front Page)

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