mercoledì 10 luglio 2013

Roulette russa. Davide Giacalone

E’ una roulette russa. Sbaglia chi crede che la sola tempia esposta sia quella di Silvio Berlusconi. E’ da irresponsabili considerare il prossimo 30 luglio una normale scadenza giudiziaria. La sorte processuale riguarderà una sola persona, ma la pistola è puntata verso un intero equilibrio politico e istituzionale. Solo gli accecati dalla faziosità possono non vederlo.


Ieri sono successe tre cose significative. La prima: la mattina il Corriere della Sera ci ha informati che quel processo penale (diritti Mediaset) poteva non concludersi in cassazione, giacché in parte prescritto a settembre, quindi prima del previsto giudizio, ergo da rinviare all’appello. Escluso che la fonte della notizia fosse la difesa dell’imputato (che sostiene la sua innocenza), è sembrata una voce da cassazione fuggita. La seconda: nel pomeriggio arriva la notizia che il giudizio è fissato per fine luglio, quasi a volere dar ragione, ma evitare la sorte immaginata nell’articolo. Che la cassazione arrivi a sentenza prima delle prescrizioni è cosa buona, che i suoi calendari siano così giornalisticamente tempestivi è singolare. La terza: le dichiarazioni dei politici sono arrivate già scontate, ma il compassato avvocato Franco Coppi ha detto: troppo in fretta, siamo esterrefatti.

Eliminare un leader politico per via giudiziaria è molto pericoloso. Pretenderne l’immunità, facendosi scudo dei voti, è inaccettabile. Nessuno dei due valori e pericoli è inferiore all’altro, per questo alla roulette non saremmo dovuti arrivare. La via d’uscita, lo scrivemmo, era (è?) nelle mani del Quirinale: il senatore a vita non partecipa più alle elezioni e non decade, il leader politico viene sottratto alla gara, la gara non ha più un dominatore, mentre l’imputato va incontro alla sua sorte, divenuta privata. Quando manca il coraggio delle soluzioni i problemi s’incattiviscono. E ci siamo.

Attrezzare le barricate o approntare i festeggiamenti è la reazione di tifoserie incoscienti. Se la pallottola c’è, salta tutto, perché viene meno la libertà del consenso alle larghe intese (i ministri di centrodestra diventerebbero ostaggi ininfluenti). Se la pallottola non c’è più che il trionfo della giustizia si vedrà il trionfo del suo uso politico. Ci sono venti giorni per rimediare. Arrivarci senza rete è temerario.

Pubblicato da Il Tempo

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