lunedì 2 settembre 2013

Campagna Imu. Davide Giacalone

La campagna dell’Imu rischia di diventare un po’ come la campagna di Russia: più vai avanti e conquisti terreno più accresci la distanza fra l’esercito e la sua stessa salvezza. In “Guerra e Pace” Tolstoj descrive una campagna vittoriosa, con i fantaccini napoleonici che, a Mosca, riempiono i loro zaini d’argenteria, che poi peserà nel tragitto di ritorno, non li sfamerà, né li difenderà dal gelo. Il centro destra, che punta molto sulla vittoria di questa campagna, deve tenere presente il ragionevole scetticismo di chi osserva: nel 1992 nacque l’Isi, dove la “s” stava per “straordinaria”; fu soppressa, ma nacque l’Ici; fu soppressa, ma nacque l’Imu. Ogni volta che si sopprimeva un’imposta e se ne metteva una nuova i soldi da pagare crescevano. Ora si sopprime l’Imu, ma non solo i conti non tornano, non solo siamo già alle smentite di quanto ufficialmente annunciato, ma la sensazione di un film già visto è assai forte e la “service tax” rischia di essere del genere horror.

A cominciare dal fatto che Isi, Ici e Imu avevano in comune la “i”, che sta per “imposta”. E tali erano, patrimoniali: un prelievo di ricchezza calcolato in ragione della proprietà, misurata in metri quadrati. La “tax”, sebbene all’inglese, sarebbe una tassa, quindi, così s’insegna, il corrispettivo di un servizio reso. Però nessuno ci ha detto come diamine si calcola, accatastando affermazioni fumose sull’unica cosa chiara: varranno i metri quadrati. Ma allora è anche quella una patrimoniale, come, del resto, lo è la tassa per la spazzatura, perché non è affatto commisurata a un servizio che mi viene reso, ma a una mia presunta capacità produttiva (di mondezza), calcolata mediante un parametro che con quella capacità non ha nulla a che vedere. Sarebbe come vendere la benzina a un prezzo variabile a seconda della cilindrata. Follia. Il film dell’orrore, quindi, comincia con la corruzione del vocabolario e della cultura tributaria. Ma questo è solo il primo urlo.

Il fatto è che, per ammissione degli stessi che a cotale accordo giunsero, è vero che s’è preso l’impegno di non far pagare la seconda rata sulla prima casa (avendo già sospeso e poi soppresso la prima rata), ma non si ha idea di come compensare il mancato gettito. Se ne riparla alla legge di stabilità. Quindi: per trovare l’accordo su una cosa banale e marginale, ma di alto valore simbolico, c’è voluto il tempo dalla nascita del governo alla fine di agosto, e per trovare la copertura siamo rimandati a ottobre. Difficile non vedere una tattica alla Kutuzov, il generale russo che fece a pezzi Napoleone: lasciare che il nemico avanzi e regalargli terreno per fargli perdere tempo. Quando se ne accorgerà non saprà più sottrarsi alla trappola. Che farà il Pdl a novembre, quando non dovesse trovarsi la copertura e si mettessero altre tasse? Diranno che non ci stanno? Vedo sui loro volti l’espressione gioiosa e infelice di quelli che zavorravano lo zaino con metalli preziosi: li accuseranno di agire per ripicca, trovandosi con il leader agli arresti; daranno loro degli irresponsabili, perché se il governo casca torna la seconda rata Imu; li avvertiranno che approvare la legge di stabilità è emergenza di salvezza nazionale, altrimenti ci commissariano (cosa non esclusa neanche se la approvano); notificheranno loro che, comunque, non si va a elezioni, perché i tempi portano troppo sotto altri impegni internazionali. Perdere tempo, campare di rinvii, serve solo a chi predilige la sopravvivenza senza vita. Meglio chiedere che coperture e dettagli siano definiti subito, come era lecito attendersi e come sarebbe ovvio.

Infine: non ho nulla contro le imposte patrimoniali, che svolgono un ruolo importante, ma se si tassa più il patrimonio immobiliare di quello finanziario è segno che si ritiene i tassati abbiano da parte molti liquidi, così drenabili. Cosa irreale e pericolosa, perché impedire il risparmio significa mettere sabbia in uno dei meccanismi virtuosi che ancora funzionano. E se è vero che l’Italia ha una pressione fiscale intollerabile sulla produzione e il lavoro, sicché può essere saggio spostarne una parte sul patrimonio, si deve anche tenere presente che ove ciò accada senza diminuire di un pelo il prelievo su redditi e profitti il risultato sarà opposto al mitico “botte piena e moglie ubriaca”, ritrovandosi nell’orrido “botte sfondata e moglie alterata”.

A me fa piacere che ci si diverta dicendo di avere vinto, sostenendo che la prova di ciò sta nell’animo triste di chi avrebbe perso. Ma occhio alla furbizia democristiana e non si creda che gli altri siano allocchi. Si rischia di trovarsi allo specchio.

Pubblicato da Libero

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