domenica 15 settembre 2013

Cari neosenatori, non fate i furbetti.... Generale Desaix



Avviso importante per il Quartetto Cetra, Piano-Abbado-Rubbia-Cattaneo: può essere che fra un pochino veniate coinvolti in un discreto casino. Può essere anche di no ma, ci dispiace per voi, è un’ipotesi concreta.

Ora, noi non sappiamo se sia poi così vero che voialtri siate questi scodinzolanti galoppini del centrosinistra di cui tanto si parla, oppure se questo sia soltanto un auspicio/timore della stampa cingolata contrapposta, gli uni perché sono convinti che ci sia tanto tanto da vantarsi ad avere con sé le belle facce della cultura, gli altri convinti che ci sia più da vantarsi ad averle contro.

E, nel caso siate davvero per così dire un po’ comunisti, non sappiamo se lo siate perché ci credete o se si tratti del solito rifugiarsi in quel rassicurante conformismo ambientale che fa sentire a proprio agio alla pausa caffè coi colleghi del centro di ricerca. E oltre a non saperlo, a dirla tutta, manco ce ne frega granché. Pensiamo, infatti, che le tristi immagini di Rita Levi Montalcini ricoperta di elogi per la sua statura morale e, nel frattempo, condotta a braccia nel cuore della notte a votare qualche emendamento alla finanziaria sul gasolio degli autotrasportatori bastino ed avanzino per convincervi a tenervi alla larga dalla rogne (a proposito, altro avviso importante, stavolta per l’amico contribuente: amico contribuente, presto, corri a guardare la busta paga, troverai una riga con su scritto “Tratt. Irpef”. Lo sai che quell’aliquota l’hanno decisa in una fredda notte d’inverno del 2006 al Senato con un voto che fra gli eletti era finito 157 pari, cioè respinto? E tu, invece, la paghi lo stesso, grazie ai senatori a vita, e alla faccia del principio di “no taxation without representation”. Pensare che a Carlo I d’Inghilterra, per molto meno, gli hanno staccato la testa).

Insomma, caro Quartetto, presto ti diranno che senatore a vita o non a vita è uguale, sempre un voto è. E tu, allora, ricordati che non è vero nemmeno un pò: ad esempio, degli imbecilli come Depretis, Cairoli, Giolitti o Crispi, una volta che formavano il governo, di andare a chiedere la fiducia al Senato non ci pensavano neanche. E sai perché? Perché sotto la Statuto Albertino il Senato era di nomina regia ed i senatori a vita non erano cinque ma tutti. E per questo sui libri di diritto costituzionale c’era scritto grosso così che “il Senato non fa crisi”. Chiaro? Non la faceva, la crisi, perché i suoi membri non erano eletti e si guardavano bene dall’interferire con la volontà del corpo elettorale espressa dalla Camera.

Lo vedi, Quartetto, che non è la stessa cosa? Anche se ci sarà Massimo Giannini, a rassicurarti, e tanti costituzionalisti pret a porter a dirti che la Costituzione in nessun punto allude ad una difformità funzionale o distingue fra le rispettive prerogative, e che il costituente ubi voluit dixit, ubi non voluit non dixit e tantum ergo sacramentum.

Non è vero lo stesso, Quartetto, sono balle, non te la bere. E quando ti diranno che non c’è scritto da nessuna parte che un senatore a vita non può votare la fiducia sappi che nemmeno nello Statuto Albertino c’era scritto da nessuna parte. Anzi, della fiducia non si parlava proprio, si è affermata nella pratica e solo nei confronti della Camera, non del Senato. Così, perché la Camera riteneva che il governo dovesse avere la sua fiducia e il Senato non lo riteneva, sempre per la stessa ragione, e non per un obbligo giuridico che non c’era ma per semplice decenza. Ma non è mica sterile erudizione storica, Quartetto, che ti credi? E’ prassi costituzionale, non giuggiole. Pensa che, dopo la crisi del 1879 sulla tassa sul macinato, il Senato ha perfino smesso di modificare i disegni di legge approvati dalla Camera che avevano un impatto sul bilancio, altro che Irpef 157 pari.

Statti accorto, Quartetto, che ci provano di sicuro. Arriverà, arriverà qualche capogruppo Zanda a dire, quando gli chiedono se tu puoi votare la fiducia, che lui ritiene di sì. E allora tu, Quartetto, se non ti vuoi sputtanare di brutto che poi il governicchio di scopo finisce ma la tua faccia rimane, ricordati che Alessandro Manzoni, Benedetto Croce, Giuseppe Verdi (Abbado, c’hai presente?), Giosuè Carducci, Giovanni Verga, Guglielmo Marconi (Rubbia, c’hai presente?), Nino Bixio, Pasquale Villari, Urbano Rattazzi, Terenzio Mamiani, Giustino Fortunato, Armando Diaz e parecchi altri senatori del Regno, ecco, loro invece ritenevano di no. Tant’è vero che, pur potendo, non lo hanno fatto mai.

Tutti coglioni? (the Front Page)

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