martedì 12 novembre 2013

L'impasse di Alfano. Gianni Pardo


I tormenti del Pdl sono stucchevoli. Un giorno leggiamo che governativi e lealisti stanno per trovare una composizione, perché “si vogliono bene e vogliono l’unità del partito; un giorno leggiamo che sono alle torte in faccia, se non ai ferri corti”; un giorno si pensa che l’intero partito sosterrà il governo, un giorno si legge che ogni scusa sarà buona per rompere definitivamente. La tentazione è quella di dire: “Svegliatemi quando hanno finito”.

Su tutta la faccenda è lecito avere un punto di vista distaccato, se si parte dall’idea che nella vita ci sono atti da cui non si torna indietro. Neanche pentendosi. Neanche pagando lo scotto. Chi ha commesso una violenza carnale non se la cava scontando qualche anno di carcere. Anche dopo sarà sempre “quello che ha commesso una violenza carnale”. A chi dicesse che bisogna consentire a chi ha sbagliato di rifarsi una vita basterebbe chiedere: “Saresti contento, se volesse sposare tua figlia?”

Si può chiedere scusa per una gaffe, non si può azzerare un tentato parricidio, se pure politico. Quando Alfano, Lupi, Quagliariello e gli altri hanno deciso di confermare la fiducia al governo, costringendo Berlusconi ad umiliarsi in Parlamento, hanno compiuto un atto che non prevede la marcia indietro. Se anche ci provassero, somiglierebbero a quei coniugi che si rimettono insieme per le pressioni dei parenti ma poi la loro famiglia somiglia più ad un carcere che ad un nido d’amore. E dalle carceri si evade.

Le diatribe all’interno del Pdl non sono significative. Che le due fazioni stiano insieme o si separino, certo non si ameranno più. La pace, dopo un conflitto, si ha soltanto quando uno veramente vince e l’altro veramente perde, uno sopravvive e l’altro sparisce. Uno si chiama Berlusconi e l’altro Gianfranco Fini. Se Alfano e i suoi riusciranno ad esautorare il Cavaliere, Forza Italia gli apparterrà e il vecchio leader sarà messo da parte. Diversamente saranno loro stessi foglie morte spazzate dal vento. Con un nuovo partito di centro-destra, nella stessa area del Pdl e dopo avere “tradito” Berlusconi, è difficile che possano avere un significativo consenso elettorale. Ancora una volta il pensiero va a Fini.

La loro azione è stata più azzardata che coraggiosa. Non perché si sia sicuri che l’ingiunzione di Berlusconi (“Dimettetevi!”) fosse una mossa azzeccata. Ché anzi non è neppure stata ordinata col normale, necessario garbo. Il punto è: conveniva disobbedire? La domanda è brutale ma inevitabile: anche ad ammettere che si siano schierati col governo per il supposto bene dell’Italia, anche ad ammettere che questo supposto bene abbiano realizzato (e per questo non ci sarebbe che da cavarsi il cappello) a loro personalmente è convenuto? Da questo cinico punto di vista c’è parecchio da dire.

In politica il successo non si ottiene per caso. Chi arriva in alto ha pensato per anni solo al potere, ha ingoiato rospi, è passato sopra agli scrupoli, ha lottato contro tutti, a volte inclusi gli amici. Coloro che invidiano i privilegi del grande politico non sanno quanto cari li abbia pagati. Ad ammettere che, quando ha cominciato la sua carriera, fosse un ingenuo ed un idealista, alla fine è uno che potrebbe dare lezioni a Machiavelli. Infatti il Segretario Fiorentino quel successo non lo ebbe.

Se dunque i cosiddetti governativi hanno fatto il piano di salvare il governo a costo della loro vita politica, meritano molto più di De Gasperi o di La Pira d’essere proposti per la canonizzazione. Se invece hanno fatto quella mossa sperando di incrementare il loro successo, l’unico commento adeguato è un’incredula alzata di spalle. Soprattutto se pensano di ottenerlo parlando di metodo Boffo ed utilizzando gli stilemi della sinistra.

Il più incomprensibile rimane comunque Alfano. Sarebbe bastato che dicesse: “Fare cadere questo governo è un errore. Ma il capo è Berlusconi e se lui vuole che io mi dimetta obbedisco. Anch’io, se un giorno sarò al suo posto, vorrei che i miei compagni di partito mi fossero altrettanto fedeli”. Avrebbe salvato il suo posto di delfino di Berlusconi, che ben pochi avrebbero potuto contendergli. Invece ora non gli rimane che rimettere il dentifricio dentro il tubetto.

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