domenica 17 novembre 2013

Però pure tu, Annamaria...Claudio Velardi

 



Trovo odiosa la campagna per le dimissioni della Cancellieri orchestrata da Repubblica e dai magistrati. Mi indigno sempre quando la tenaglia mediatico-giudiziaria tritura il mostro di giornata, anche se si chiama Paolini o Misseri. Figuriamoci nel caso di una brava funzionaria dello Stato – cui possono essere tuttalpiù imputate delle leggerezze – mentre sono evidenti e marchiani gli obiettivi politici dei Torquemada in toga e senza: i magistrati vogliono defenestrare un ministro di Grazia e Giustizia “non gradito” perché autonomo, non subalterno alla corporazione più potente d’Italia; Repubblica vuole mantenere la leadership del giustizialismo forcaiolo, sempre insidiata dai fondamentalisti del Fatto. Trascurando tranquillamente – tutti, visto che la cosa non ha più alcun rilievo, in questo maledetto paese – le uniche e sole malefatte di questa storia: cioè il fatto che dei magistrati mettono fuori illegalmente delle intercettazioni e le consegnano al giornale di riferimento. E che il giornale – nel nome della sacra libertà di stampa e della segretezza delle fonti – le pubblica. Uno scandalo che si ripete da venti anni, in questa circostanza senza alcun pudore, e di cui un’opinione pubblica stordita e incattivita si disinteressa, come se non fossero problemi suoi. (Certo che così un popolo perde prima la dignità e poi la libertà, ma questo è un altro discorso).

Bene. Ciò detto però, cara Cancellieri, pure tu potresti darti una mano. Santa donna, qualche giorno fa hai ricostruito in Parlamento la storia, dicendo che con i Ligresti c’è stata una e una sola telefonata. Ora si scopre –illegalmente – che ce ne sono state altre. Ma dico io: hai capito o no che sei intercettata? Ti è chiaro che, prima o poi, verrà fuori tutta la storia? E allora raccontala per bene. Fosse anche per un calcolo furbo, oltre che per trasparenza e la necessaria onestà. Non tenerti dentro niente.

Invece no. In Italia non può accadere mai nulla di cristallino, neppure quando si confessa un errore. Ogni vicenda pubblica deve sempre vivere di lati oscuri, di cose non dette, di racconti spezzettati, di mezze ammissioni, di sacche di menzogne. Lasciando così inevitabili strascichi velenosi, che non fanno altro che alimentare la sacrosanta, crescente sfiducia della gente (questa volta con una sola g). E allora, a questo punto, forse è meglio che lasci, Cancellieri. Non perché lo dicano Grillo, Renzi, Civati o Cuperlo, di cui non ci frega proprio niente. Ma perché anche tu, dignitosa e fallibile servitrice dello Stato, stai dimostrando di essere parte dell’inguaribile malattia italiana che si chiama mediocrità.

(the FrontPage)

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