lunedì 2 dicembre 2013

Difesa dei politici italiani. Gianni Pardo


Se uno causa due, e due causa tre, e tre causa quattro, può dirsi che quattro è stato causato da uno. Si chiama catena causale e si applica anche alla storia. Gli italiani sono rancorosi. Spesso lo sono a torto, ma figurarsi quando hanno ragione. È evidente che l’estromissione di Berlusconi dal Parlamento potrebbe provocare problemi al presente e al futuro. Lo scrive Angelo Panebianco, sul “Corriere della Sera”: “Solo una combinazione di mancanza di senso storico e di miopìa politica, di incapacità di guardare al di là del proprio naso può fare pensare che non avrà effetti di lungo termine sulla democrazia italiana il fatto che un leader che ha rappresentato e rappresenta milioni di elettori sia stato messo fuori gioco per via giudiziaria anziché politica. Solo la suddetta combinazione può far pensare che non si tratti di un fatto che segnerà il nostro futuro, scaverà nelle coscienze, alimenterà rancori che si perpetueranno nel tempo”. E questo è l’effetto finale, il numero quattro.

“Ma – dirà qualcuno – se Berlusconi è colpevole di un reato che comporta la decadenza dalla vita politica, dei problemi di cui parla Panebianco è colpevole lui stesso”. Ragionamento fallace. Quando l’amministrazione della giustizia interferisce con l’attività politica, esiste sempre il sospetto che l’uomo politico possa essere stato assolto anche se colpevole, o condannato anche se innocente. Chi di noi è sicuro che sia giustificata la detenzione della signora Timoshenko? Proprio per questo, sin dai tempi della Rivoluzione Francese, si sono sottratti i politici al giudizio dei magistrati, quanto meno per il periodo in cui rivestono la carica di rappresentanti del popolo. Diversamente come avrebbero potuto i rivoluzionari, tutti appartenenti al Terzo Stato, resistere ad un establishment che apparteneva tutto ai nobili e ai loro amici? E infatti anche la nostra costituzione, pure scritta sotto l’influenza dei comunisti di Togliatti, all’articolo 68 prevedeva tali guarentigie, che per estromettere Francesco Moranino, comunista pluriomicida condannato all’ergastolo, ci vollero lunghi e inauditi sforzi.

Purtroppo, che la tutela dei parlamentari non sia intesa a favorire dei delinquenti ma il funzionamento della democrazia, non è concetto che la gente capisca. È ferma all’idea infantile di un magistrato avulso dalla realtà, privo di idee politiche e perfino di passioni, della cui obiettività ci si può fidare ad occhi chiusi. Per questo, quando ci fu l’insulsa tempesta di Mani Pulite, la gente considerò come un intralcio l’autorizzazione a procedere e desiderò che i magistrati potessero perseguire chiunque senza l’autorizzazione di nessuno. Ed ecco il numero tre della nostra catena causale.

Naturalmente dei politici competenti avrebbero dovuto resistere a questa richiesta: non nel proprio interesse ma nell’interesse della separazione e dell’equilibrio dei poteri. Avrebbero dovuto prevedere che, nel caso la magistratura avesse esagerato, perseguendo un politico molto popolare e innocente, o anche molto popolare e colpevole (impossibile stabilirlo), avrebbero rischiato gravi conseguenze sociali. La legittimazione e la libertà d’azione politica in democrazia la dà il voto popolare, non il giudizio di un magistrato: è l’essenza stessa del sistema. Ma i nostri politici erano troppo ignoranti, troppo proni alla demagogia, troppo pronti ad essere più giustizialisti dei giustizialisti. E quelli di sinistra per giunta erano ragionevolmente convinti che i magistrati amici avrebbero colpito solo la controparte. E tutti insieme non capirono che stavano per assassinare il sistema. Dopo avere proclamato per decenni, prima e dopo di allora, che la nostra Costituzione è la più bella del mondo, tanto da rifiutarsi di toccarla quando si tratta di rendere il Paese più governabile, l’hanno toccata entusiasticamente quando si è trattato di peggiorarla, abolendo di fatto l’art.68. E questo è il numero due della catena causale.

Ma andiamo al numero uno, alla causa prima: come mai i nostri politici furono così ignoranti, così sciocchi, così miopi, così imprevidenti? La ragione è semplice: si comportarono come si sarebbero comportati gli altri italiani. La tendenza nazionale è infatti alla superficialità emotiva. Dal momento che è stato articolo di fede che il fascismo è il “male assoluto”, si è adottato il principio che tutto ciò che il fascismo ha fatto è sbagliato. Il fascismo ha tentato di governare? Dunque governare è sbagliato, e Craxi è stato accusato di “decisionismo”. Come se decidere non fosse il mestiere del Presidente del Consiglio. Il fascismo ha imposto il militarismo (anche se d’operetta)? E noi saremmo stati disarmati e pacifisti. Il Paese ha subito una dittatura? E allora il Parlamento sarà prono ai desideri della piazza. Anche quando la piazza sbaglia. Dunque quei parlamentari in un certo questo senso sono innocenti perché si comportarono come si sarebbero comportati gli altri italiani.

La nostra unica fortuna è che, fra gli altri difetti, non abbiamo quello del coraggio. Per questo eviteremo la rivoluzione.

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