martedì 31 dicembre 2013

Ribasso immaginario. Davide Giacalone


Mano a mano che la spesa e il debito pubblico aumentano, inseguiti dalla pressione fiscale, i governi che si succedono si vantano di far scendere le tasse. Fin quando l’esercizio era praticato dal centro destra, si poteva contare su una vasta reazione d’indispettita incredulità. Ora che una nuova generazione de sinistra si diletta nel medesimo giuoco, s’assiste al rimbalzo delle banalità. Berlusoni&Tremonti dicevano d’avere cancellato l’Ici sulla prima casa, ed era vero. Salvo che era aumentato il resto, mentre rimaneva lì quell’Irap che l’allora ministro dell’economia considerava una rapina. E’ ancora una rapina ed è ancora in vigore. Oggi Letta&Saccomanni glissano sull’origine della presunta discesa fiscale, ma s’appoggiano felici ai dati diffusi dalla Cgia di Mestre. Che sono veri, ma non dicono quel che costoro credono.

I dati dell’associazione artigiani segnalano un calo dell’imposizione fiscale sulle famiglie. Ciò è vero prendendo come anno di riferimento il 2012, ovvero quello della grande spremitura. Se, ad esempio, si fanno i conti a partire dal 2011 ecco che l’imposizione è poderosamente crescente: sia per il 2013 che per il 2014. Per una famiglia monoreddito sarà crescente anche l’anno prossimo rispetto a quello che ora si chiude. Diciamo che, come calo da sbandierare, lascia un po’ a desiderare.

In ogni caso si riferisce alle famiglie, perché se si fanno i conti aggregati, calcolando la pressione fiscale in relazione al prodotto interno lordo, il segno è sempre positivo. Cioè negativo, nel senso che la pressione cresce. Il tutto senza tenere conto del fatto che la legge di stabilità, per il 2014, è zeppa di “clausole di salvaguardia”, quindi di aggravi fiscali che prenderanno corpo ove non si realizzino le ottimistiche previsioni governative. E senza dire che nello stesso anno in cui le famiglie si trovavano a risparmiare con il fisco diminuiva il gettito Iva, pur aumentando le aliquote, segno che quel vantaggio era troppo poco per spingere i consumi, mentre del tutto inutile a spingere le esportazioni. Infine: da che deriva il calo? Da due cose: a. la cancellazione dell’Imu sulla prima casa; b. gli sgravi Irpef per figli a carico. La prima cosa è illusoria, giacché l’anno prossimo altre patrimoniali andranno a colmare la momentanea assenza. La seconda è instabile, perché sotto schiaffo delle clausole di salvaguardia.

A me la discesa libera delle tasse piacerebbe, e sarei pronto ad applaudire, ma questo è un slalom fra le prese in giro. Faccio due esempi concreti, per dare l’idea di dove sia giunto il satanismo fiscale. Il primo è relativo ad una società che dia in affitto un proprio immobile di 130 metri quadrati, ad un canone, mettiamo, di 36.000 euro l’anno. Ecco quel che succede fiscalmente: 1. Iva 7.920; 2. Ires 9.900; 3. Irap 1.404; 4. Imu 5.500; 4. Tares statale 39; 5. Imposta di registro 360. Senza attendere le nuove imposizioni, previste per il 2014, i 36.000 euro sono diventati 10.877 (il fisco pesa per 25.123). Ma non è mica finita: se la cifra incassata fosse utile netto e decidessero di distribuirla ai soci, su quello dovrebbero pagare le tasse, con il risultato che la pressione totale si collocherebbe al 75%. (Questo a tacere che proprio nel settore degli affitti, nel decreto milleproroghe, il governo ha due volte violato i rudimenti del diritto: considerando lo Stato libero di disdire a piacimento i contratti e considerando taluni privati obbligati a subire contratti scaduti o non adempiuti. Due misure plaudite, a segno che gli astanti hanno perso il senso dell’orrore).

Secondo esempio: busta paga di una addetta alle confezioni, di questo dicembre: stipendio 1.043 euro; trattenute 1.043; soldi incassati per il lavoro svolto 0. La busta mi giunge dai diretti interessati. Casi limite? Può anche darsi, ma la morale è una sola: da Berlusconi&Tremonti a Letta&Saccomanni, si può parlare di fisco che scende, senza esporsi al ridicolo, solo a fronte di operazioni sistemiche e non cosmetiche, accompagnate da tagli alla spesa pubblica e abbattimento del debito, altrimenti, senza necessariamente mentire, si dicono cose in stucchevolissimo politichese, che fanno a cornate con la realtà percepita. Assai più reale di quella asserita.

Con un piano economico siffatto, con un governo in grado di realizzarlo e dotato della credibilità per propagandarlo, l’Italia riparte come una scheggia, premiando la parte produttiva, che non s’è mai fermata, e assetando la parte improduttiva, che non s’è mai saziata. Occorre, però, praticare politiche grandi, non pastrugnare con politicazze irrilevanti. Vorrei augurarlo per il 2014. Ma per averlo è necessaria consapevolezza e serietà che non vedo, sì che s’aspetta il “grande trauma”. Prospettiva nefanda. Per evitarla occorrono parole dure, non conticini mosci.

Pubblicato da Libero

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