giovedì 27 marzo 2014

L'Orlando bocciato. Davide Giacalone


Un ministro italiano è andato a fare richieste precise in una sede europea. Auspico siano rigettate. Il ministro è quello della giustizia, Andrea Orlando. Il tema è quello delle carceri sovraffollate. La sede non è l’Unione europea, ma il Consiglio d’Europa, per la precisione la Corte Europea Diritti dell’Uomo. Ci hanno già condannati. Spero confermino la condanna. Smettiamola di prenderci in giro, evitiamo di provare a prendere in giro gli altri, finiamola di fare gli incivili e affrontiamo il problema vero, che è quello della malagiustizia. Le carceri sono “solo” una conseguenza.

Nel gennaio del 2013, giustamente, la Cedu condannò l’Italia a risarcire sette detenuti, che si erano trovati ad avere a disposizione meno di tre metri quadrati a testa. Condizioni considerate illegali negli allevamenti di bestiame, figuriamoci nel trattamento di umani. Siamo arrivati al punto che un giudice inglese rifiuta un’estradizione in Italia perché il detenuto andrebbe incontro a trattamenti disumani. La stessa Cedu, sapendo che non si trattava di casi isolati, ci diede tempo fino al prossimo 28 maggio, per rimediare. I rimedi fin qui approntati, ripetutamente denominati “svuota carceri”, adottati dai governi Monti e Letta, sono inaccettabili e tutti incentrati sugli sconti di pena. Il piano di Orlando è in coerenza con questa vergogna, sicché propone: a. le cause oggi pendenti a Strasburgo siano riassorbite in Italia; b. per chi è stato detenuto e non lo è più ci sia un risarcimento che va dai 10 ai 20 euro per ogni giorno scontato in quelle condizioni; c. per chi è ancora detenuto si faccia un ulteriore sconto, pari al 20% della pena residua. Tre proposte, tre errori.

Il trucco di riportare le cause di Strasburgo in Italia lo abbiamo già sperimentato nel 2001, quando fu approvata la legge Pinto. Con quella erano le Corti d’appello che avrebbero dovuto decidere per la giustizia negata, dovuta all’eccessiva durata dei procedimenti. Anche allora scrissi contro, prevedendo che il trucco avrebbe provocato un ulteriore allungamento dei tempi, oltre che una beffa per i danneggiati. E’ andata così. Ero (e sono) favorevole ai ricorsi a Strasburgo, che provai a incentivare e facilitare pubblicando un manuale su come potevano e dovevano essere fatti, così come personalmente usai la legge Pinto, vincendo la causa e ottenendo risarcimento per le ingiustizie subite. Ma lo scopo dei ricorsi europei doveva essere quello di spingere a riformare la moribonda giustizia italiana, mentre la legge Pinto voleva solo riportare il coma nei confini nazionali. Orlando, ora, propone la stessa cosa. Stesso trucco, stesso errore.

Secondo: le cause pendenti a Strasburgo (per questa specifica ragione) sono 3000, il che comporta una spesa che va da 30 a 60.000 euro al giorno, quasi 22 milioni in un anno. Senza contare che portando la giurisdizione in Italia quelle cause aumentano (come è già successo con la Pinto). Soldi che non pagano i responsabili, ma i cittadini. Un chirurgo che ti macella, per colpa o dolo, paga il risarcimento. In diversi casi sono stati allontanati dalle sale operatorie. Per i detenuti, invece, pagano i cittadini e i responsabili restano al loro posto.

Terzo: se si accede allo sconto di pena, già recentemente diminuita con decreto legge, non solo si fa marameo alla certezza del diritto e un gran regalo ai delinquenti, ma si commette la più incredibile delle ingiustizie, perché, come capitò con l’indulto (altra legge contro cui scrissi, prevedendo che non avrebbe risolto nulla, come è stato) ne beneficiano i condannati, quindi i colpevoli, e ne restano esclusi gli innocenti in custodia cautelare o in attesa di giudizio. Una fragorosa pernacchia al più elementare senso del diritto.

Il problema delle carceri esiste (sempre meritoria la lunga battaglia radicale), ma non si risolve in questo modo. Prima di tutto si affronta il tema del 40% dei detenuti, che non sono condannati e non scontano la pena. E già con quelli sparisce il sovraffollamento. Poi si rivede l’applicazione della custodia cautelare, che nella metà dei casi colpisce cittadini che non saranno condannati. Quindi si introduce la (vera) responsabilità dei magistrati. E, a seguire, si riforma la giustizia in modo che i suoi tempi non siano il trionfo dell’ingiustizia. A quel punto, se si deve spurgare il bubbone, si faccia anche l’amnistia, che è provvedimento ingiusto, ma utile. Il legame fra riforma e clemenza deve essere strettissimo, altrimenti si generano mostri che non risolvono il problema, ma si limitano a rinviarlo per poi ritrovarselo sempre più grosso e sempre meno risolvibile. Per queste ragioni, spero che le richieste del governo italiano siano respinte. Con sdegno.

Pubblicato da Libero

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