martedì 10 giugno 2014

Annunciazione e regressione. Davide Giacalone


Il mese di giugno, stando agli annunci del governo, è quello della riforma della giustizia. Restano venti giorni. Il calendario induce a volenteroso scetticismo, ma quella che preoccupa è la sostanza. Giacché, nel giro di poco, si è passati dalla Leopolda e dalla denuncia di custodie cautelari ingiuste al volere condannare per “alto tradimento”, senza manco sentire la difesa; dalla protezione offerta agli indagati seduti al governo al desiderio di prendere a calci gli indagati seduti altrove. Non siamo ancora al cappio sventolato, ma la strada lì porta. E, del resto, sarebbe stato sciocco supporre che gli arresti per Expo e Mose non avrebbero avuto un riflesso immediato sulla politica, considerato che è la politica a finire in manette. La prima cosa che salta agli occhi è l’incoerenza. Ma la seconda è che, per l’ennesima volta, il governante e il legislatore sono sotto scacco.

Ne sono una prova i messaggi cifrati che si scambiano con Raffaele Cantone, novello paladino della disinfestazione, che prima ha accettato un incarico senza né poteri né strutture, salvo poi cogliere al volo l’opportunità di reclamarli in grande. E conto non sia sfuggita la finezza: posso sempre tornare in cassazione. Perché le porte sono girevoli, e non sono le uniche a girare. Girò quella dell’antimafia, del resto, scodellando l’ospite alla presidenza del Senato. Né, spero, sia sfuggita la notizia che Antonio Iovine, detto ‘o ninno, non riesce a ricordare non già l’identità, ma neanche il numero di quelli che ha ammazzato, però ha deciso di cambiare vita (quella del detenuto, non quella del criminale), sicché è pronto a fare i nomi dei politici asserviti alla camorra. Uomini avvisati già mezzo ammazzati.

Date retta, giovanotti governativi: se non vi sbrigate a presentare una riforma seria sarete seriamente riformati. Lasciate perdere quelli che quando parlate della bancarotta della giustizia civile vi diranno che la vera partita si gioca nel penale, e quando parlerete dello scempio del penale vi diranno che la vita collettiva dipende dal civile. Piuttosto ricordate come abbiamo fatto ad evitare l’immediata condanna della Corte di Strasburgo: abbiamo liberato i condannati. Fatevi due conti.

Gli astri, comunque, presentano un allineamento fortunato e da sfruttare, visto che il ruolo di punta è oggi nelle mani di un magistrato posato e competente, Carlo Nordio. Egli dice: non servono nuovi reati, non servono pene più alte, non servono super poteri. Giusto. La riforma da farsi deve girare attorno a un perno elementare: i tempi della giustizia devono sempre essere quelli già fissati dai codici. Dal che deriva: i magistrati che violano quei termini (indagini prolungate, motivazioni depositate dopo anni, termini ordinatori calpestati, etc.) devono risponderne nella carriera. Finché si tratta di semplice negligenza, poi ne rispondono come reato. Il problema numero uno non è tagliare le unghie alla giustizia (che vorremmo con artigli potenti), né soddisfarsi del sangue versato nelle indagini, per poi disinteressarsi delle vittime innocenti, il problema è quello di potere disporre di una cosa che non solo si chiami giustizia, ma anche le somigli. Oggi non l’abbiamo, tant’è che ogni degenerazione è possibile. Porte girevoli comprese.

Tanto non si devono depotenziare gli uomini della giustizia che proporrei di varare la regola del 10%: facciamola finita con la raffica di controlli inutili, togliamo pane ai magistrati contabili e amministrativi, e stabiliamo che ogni volta che un appalto pubblico supera del 10% i costi o i tempi previsti parte automaticamente l’accertamento fiscale e l’indagine penale. Se ci sono state buone ragioni si archivia in fretta, ma chi ha magheggi da non far vedere eviterà di mettersi in quella condizione. Semmai neanche parteciperà alla gara. Altro che limare, io sono per affilare. Ma a condizione che quella roba si chiami e sia giustizia.

Matteo Renzi la smetta di fare il verso ai piazzaioli. Le campagne elettorali (al momento) sono finite. Se ha ragioni per temere, lasci perdere. Ma se vuol fare cosa utile s’incaponisca a rispettare la scadenza di giugno. E ci scrivano poche cose ma sensate, nella riforma. Su quali debbano essere, chiedo scusa, ma ho finiti sia lo spazio che la pazienza. Dobbiamo averlo scritto qualche centinaio di volte.

Pubblicato da Libero

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