martedì 2 dicembre 2014

Epidemia di panico. Davide Giacalone


E’ in corso un’epidemia. E scarseggiano i vaccini. L’epidemia è di panico e il vaccino dovrebbe consistere nella credibilità delle autorità sanitarie. Meglio: delle autorità in generale. Invece si mette in dubbio tutto e l’epidemia dilaga, passando dall’allarme per i vaccini antinfluenzali a quelli che si praticano ai bambini, che hanno salvato centinaia di milioni di vite e infinite sofferenze. Ma non fai a tempo a finire la frase che già ti danno del servo delle multinazionali farmaceutiche. O, nel migliore dei casi, dell’ignorante. Un plotone di googolanti, oramai, crede di sapere tutto, intontito da uno scientismo che è sciamanesimo. Sicché è utile non lasciar correre, soffermandoci su tre aspetti della faccenda: 1. la credibilità di chi parla; 2. la nocività dei farmaci; 3. la logica del profitto.

1. Se il ministero della sanità e le regioni hanno deciso di demolire quel che resta della loro credibilità, continuino pure a rimpallarsi le colpe. Prima si scucuzzano per stabilire chi è responsabile del mancato allarme, poi aggiungono che non c’è ragione d’allarme. Ma chi volete che creda, a quel punto, alla seconda cosa?

A parte loro, che meritano ogni biasimo, c’è da considerare l’allarmismo stridulo che oramai il mercato dell’informazione usa per ogni cosa. E se oggi vale per il vaccino, ieri valeva per l’influenza, che ogni anno s’annuncia monotonamente devastante e con preludi di morte. Nel 2009 non ne potemmo più e ci mettemmo qui a fare i conti (carta canta), scoprendo che in Messico, da dove si dipartiva una mortale influenza suina, era trapassato le stesso numero di persone di ogni anno. Non c’erano picchi. Sopraggiunse la notizia era agghiacciante: un morto in Spagna. L’epidemia correva, eravamo spacciati. E si moriva in fretta. Però, cribbio, quanta gente nuore, in Spagna, ogni giorno? Presi coraggio è azzardai: questa è una bufala. Meglio: una maialata. Morale: fortunatamente l’allarme era infondato e ci salvammo, ma ci costò assai caro, perché il governo comprò vagonate di vaccini, che restarono nei magazzini, giacché i medici di famiglia (brava gente) li sconsigliavano. Quindi, scusate, ma l’accusa di servaggio farmaceutico la si rivolga altrove.

2. Ma è possibile che quei vaccini siano nocivi? Certo che lo è. Tutti i farmaci sono nocivi. Anche gli esami clinici lo sono, e taluni assai pericolosi. Tutto sta a capire se il rischio che corro me ne evita uno peggiore e potenzialmente mortale. E’ per questo che la gente ragionevole si rivolge ai medici e non ai cartomanti.

Inoltre non si deve fare confusione fra i vaccini volontari, che si dovrebbero fare se il medico lo consiglia, rientrando in una categoria a rischio, e i vaccini obbligatori, che tutelano la persona vaccinata, ma anche la collettività che la circonda. Basta abbassare la guardia e malattie un tempo mortali, oggi addomesticate, riprendono a falciare vite. Sono e devono restare obbligatori proprio perché si tutela la salute collettiva, non solo quella individuale. Del resto: avete provato a chiedere di studiare o lavorare laddove la civiltà sanitaria esiste? Vi domandano subito se avete fatto i vaccini.

Quello che non è tollerabile è il rischio aggiuntivo, dato da cattive pratiche o uso di sostanze improprie. Per questo esistono organismi di controllo, nazionali e internazionali. Se c’è dolo ci sia anche condanna.

3. Le case farmaceutiche lavorano per il profitto. Evviva. Lavorando per il profitto sono spinte a non uccidere i clienti. Essendo in concorrenza finanziano la ricerca per trovare prodotti più efficaci. Mi piace. Non mi piacciono, invece, quanti chiamano i disperati a credere nel nulla, travestendosi da giustizieri, ma restando ciarlatani.

La logica del profitto genera mostri in tre casi: a. quando ostacola la ricerca di farmaci contro le malattie rare, che proprio in quanto tali non sono remunerative; b. quando sperimenta i prodotti su cavie umane, in zone lontano dalla sensibilità dell’informazione; c. quando spinge sui pubblici amministratori affinché comprino roba inutile. Nel primo caso deve sopperire la ricerca universitaria (conosciamo Ebola da tempo, e oggi se ne parla in un convegno romano della Fondazione Balsano, ma solo ora si grida al pericolo). Negli altri due deve dischiudersi la galera.

Se politici e giornalisti si mettono a far concorrenza ai miti della rete, inseguendo le paure collettive e soffiando su un fuoco millenarista fuori tempo massimo, otterranno un solo risultato: verranno portati al rogo dal mostro che oggi sperano d’accarezzare. E se lo saranno anche meritato.

Pubblicato da Libero

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