giovedì 2 luglio 2015

Trappola greca. Davide Giacalone

Il referendum greco è una trappola. Per i greci. La bancarotta greca sarebbe una tragedia per loro, ma anche una trappola per gli altri europei e per l’occidente. Non è la prima volta, nella storia, che problemi la cui soluzione conviene a tutti, e che non è neanche così difficile, si allontana a causa di condotte irrazionali e di interessi di gran lunga meno rilevanti del danno che provocano.

Nel 2011 la Grecia si approssimava alla bancarotta, dopo anni in cui il tenore di vita e la ricchezza disponibile erano colà cresciute. Lasciamo da parte i conti taroccati, notoriamente tali e come tali tollerati dalla Commissione Ue. Erano i bassi tassi e la convenienza a far debiti a spingere i disavanzi continui, dando l’impressione di un Bengodi infinito. La crisi dei debiti sovrani infranse il sogno, trasformandolo in incubo. In quel momento sostenemmo che, se l’Unione aveva un senso, non si dovevano abbandonare i greci e non si doveva ipotecare il futuro dei più giovani. Il primo passo fu indecoroso, usando i soldi degli aiuti per salvare le banche, prevalentemente tedesche e francesi, che si erano esposte (a fini di lucro, mica di beneficienza) con la Grecia. Poi, però, i debiti furono due volte tagliati e gli aiuti sono affluiti più copiosi degli interessi (bassi) che i greci pagavano. Chi parla di “strozzinaggio” europeo ha dei seri problemi con l’aritmetica.

Oggi la situazione è ribaltata. Un nuovo governo è al potere, eletto grazie a promesse suggestive, irrealistiche. Pretende che i creditori continuino a prestare denaro, sapendo che non sarà restituito, senza porre condizioni. Che, del resto, non sono tali da impoverire i greci, visto che a tutti conviene che riprendano a crescere, ma servono a chiudere la mangiatoia della spesa pubblica. Veleno per la vita dei giovani ellenici. Per giunta il governo greco se la prende con la Banca centrale europea, che in questi mesi s’è spesa per alimentarli di liquidità, attirando su di sé critiche pesanti e non del tutto infondate. Vogliono non solo la liquidità d’emergenza (che la Bce ancora assicura), ma che sia aumentata. Non si sa dove finisca l’improvvisazione e dove cominci l’impudenza. Hanno chiuso le banche, togliendo ai cittadini il diritto di disporre del proprio denaro, perché sanno che la loro condotta incita alla fuga. Sperare di attribuirne la colpa alla Bce è infantile, oltre che irresponsabile.

Il referendum è truffaldino, perché su un documento tecnico e articolato, che, semmai, dovrebbe essere oggetto di negoziato, non di voto in blocco. Non è pro o contro l’euro, anche perché sanno che la grande maggioranza voterebbe a favore della permanenza (mica sono scemi). Lo hanno inventato perché sanno che la Grecia ha un posto rilevante, nello scacchiere militare europeo, con confini delicati, quindi oggetto di sollecitazioni statunitensi affinché non sia persa (il passato avrebbe dovuto vaccinarli, sui governi militari). Hanno pensato: mettiamo il negoziato davanti a quel bivio e il resto d’Europa sbraca. Il genio della teoria dei giochi, Yanis Varoufakis, lo ha anche detto: cambiate le condizioni e noi diremo di votare sì. Li ha presi per scimmie ammaestrate, i cittadini. Invece quel referendum diventa un alibi per i falchi, per i devoti della contabilità, per chi crede che i conti vengano sempre prima della storia e della politica: lasciateli votare, evviva la (falsa) democrazia: se voteranno a favore del piano, andrà a fondo il governo greco (il bello è che Varoufakis lo nega, candidandosi a sostenere l’opposto di quel che dice); se voteranno contro nessuno avrà buttato fuori i greci, ma saranno loro ad avere deciso. Come trovarsi nell’Oceano e sventrare la chiglia per far dispetto all’equipaggio.

Ci sono sempre le condizioni e le possibilità per sottrarre la Grecia al naufragio, come fin qui s’è fatto, ma per riuscirci è necessario che i greci siano consapevoli che il loro governo è il loro problema. Si sono messi nelle mani dell’ex gioventù comunista e affidati alla sapienza di chi li porta verso una svalutazione ciclopica avendo un lavoro pagato in dollari, negli Stati Uniti. Il popolo è sovrano, ma il 64% dei votanti non li votò. Ora sovranamente deve provvedere. Errori ne sono stati commessi molti, dagli altri europei, compreso l’avere instaurato tavoli non istituzionali, con i soli tedeschi e francesi. Ciò ha indebolito la capacità di risposta istituzionale, rafforzando l’impressione che l’esito del negoziato fosse la sottomissione ad alcuni. Ma Tsipras e Varoufakis non hanno sollevato questo problema, stanno solo provando a trattare in modo inaccettabile. Chiedendo di farlo ancora a lungo. Tocca agli elettori greci fare quello che il loro Parlamento si dimostra incapace di fare. Pagina pessima, foriera di mille complicazioni. Va girata in fretta.

Pubblicato da Libero


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